Sole a catinelle, la recensione

Il terzo film di Checco Zalone è quello più coerente e pare il più pianificato. Non più un collage di gag irriverenti a caso, ma una serie di battute tematiche...

Critico e giornalista cinematografico


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Per il suo terzo film Checco Zalone va dritto al punto e per la prima volta mette il tema sociale (anzi socio-economico) al centro della storia. Più che una notazione cronachistica questa è l'unica rottura nello schema e nel linguaggio della commedia "da-comico-televisivo" che si nota in Sole a catinelle. Mentre di solito film di questo tipo puntano alla struttura della commedia romantica innocua, relegando un'idea di attualità al massimo ad un paio di battute (del resto questo accadeva anche nei precedenti film di Zalone), Sole a Catinelle mette un imprenditore pieno di ottimismo e debiti, fiducioso della sicurezza dei suoi assegni postdatati, dei suoi finanziamenti e del fatto che tanto nessuno riuscirà mai davvero a fargli pagare i suoi debiti, nella solita girandola sentimentale. E' però il figlio questa volta il cuore romantico del film e, per fortuna, molto meno calcato del solito.

Sole a catinelle è indubbiamente un film che si preoccupa unicamente di far ridere e di farlo girando continuamente intorno alla situazione economica, vista non tanto dal basso (è così solo nei segmenti riguardanti l'ex moglie) ma dall'alto, dagli yacht e dai campi da golf.

Del resto è questa la forza maggiore della comicità di Zalone: girare intorno a temi e gag abbastanza note con sufficiente originalità da riuscire a strappare "ancora un'altra risata sull'argomento". E così procede tutto il film, concentrato solo sul protagonista e le sue battute e sulla sua capacità di trovare nel già noto qualcosa di ancora divertente (il resto dell'immagine sembra essere posta a caso, senza cura, senza pianificazione, con indicazioni vaghe date controvoglia a comparse e scenografi, costumisti e elettricisti).

In questo senso Sole a catinelle, come film, è totalmente incapace di descrivere tutto quel che vorrebbe, incapace di mostrare un mondo o una contemporaneità, incapace di abbozzare dei personaggi che non siano il protagonista. E' semmai Zalone, da solo, con le sue battute e la nuova reiterazione del suo personaggio (un geniale miscuglio del classico scemo comico con il peggior provincialismo italiano condito d'aspirazioni medio borghesi la cui essenza è chiara già dall'abbigliamento) a costituire l'unico dinamico elemento che dà un senso all'operazione e la sorpresa è che stavolta gliene dona uno molto più coerente, rigido e quindi efficace di quanto visto in passato.

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