Soldado, la recensione
Con un ritmo unico e un'ambiguità morale potentissima, Soldado è un film americano da uno che pare non aver fatto altro tutta la vita
In questa terra conflittuale dove pare esistere solo la violenza prosperano individui come Alejandro e Matt, due militari o paramilitari, due che non esistono per il governo americano ma che lo stesso da questo sono contattati per il lavoro sporco che non deve essere compiuto ufficialmente. Uccidono senza regole, scatenano guerre e mettono fazioni l’una contro l’altra. Ora l’idea per assestare un colpo al conflitto di frontiera è rapire la figlia di uno dei boss della droga e far sembrare che a farlo sia stata la gang rivale. La mente è Matt, il braccio è Alejandro. Tutto sembra andare bene fino a che non vengono scoperti, divisi e braccati. Esattamente come se quel deserto fosse l’Afghanistan o una versione secca del Vietnam, luoghi in cui rimanere soli equivale a morire.
La storia è organizzata attorno ad una serie di lunghe scene d’azione, fondata sulla guerra personale e non di questi due uomini e la maniera in cui la conducono. Soprattutto dilata il ritmo come fa il cinema di genere (guerra, azione, thriller) moderno. Non incalzante ma compassato Con la collaborazione di uno dei migliori scrittori di neo-western del momento, Sollima può confezionare una storia dalla durezza giustezza che a quella consistenza appaia una caratterizzazione dei personaggi efficace e dai tratti essenziali. La rapita, Isabel, è un gioiello di cattiveria. Figlia di boss criminali che va in una scuola privata, è tignosa e intelligente, sveglissima e senza paura. Questione di recitazione, questione di scene incisive (il dialogo sordomuto) e di ambienti (quella scuola privata in cui si fa giustizia da sola).
Come i western più classici, quelli che non vogliono essere capolavori ma solo buoni film per uomini, anche questo non ha nessuna vetta clamorosa, non ambisce ad essere il film definitivo ma una storia come tante altre ne possono esistere in quei luoghi. Sembra iniziare come se ci fosse stato qualcosa prima (Matt stava in Africa) e finire con altro da raccontare, senza sembrare un capitolo di un franchise che di fatto non è. E del resto non ne ha bisogno, il contrasto tra l’eccezionalità degli eventi e l’ordinarietà con cui sono vissuti, anche grazie al ritmo controllato, di fatto danno a Soldado un senso e una personalità unici con i quali crea una realtà allucinante tutta sua.