Il sol dell'avvenire, la recensione

In Il sol dell'avvenire la classica commedia di Nanni Moretti prende di petto il vero argomento di tutto il suo cinema: l'appartenenza

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Il sol dell'avvenire, il nuovo film di Nanni Moretti, in uscita al cinema il 20 aprile e in concorso a Cannes

Forse davvero, come dice il personaggio che interpreta in Il sol dell’avvenire riguardo il film che sta girando, anche Nanni Moretti di questo suo film ha concepito prima l’ultima scena e poi tutto il resto. Non sarebbe strano vista la forza e l’istintiva capacità di stupire, coinvolgere ed emozionare che quella scena ha. Certamente il miglior finale di sempre nella sua filmografia (che pure ne ha di belli). La chiusura non di una trama (cosa che raramente avviene nei film di Moretti) ma di un senso. Quello del film, chiaramente, ma anche quello di una vita artistica, di tutta una filmografia all’insegna della manifestazione dell’appartenenza e del suo opposto.

E Il sol dell’avvenire è questo: un film sull’appartenenza. C’è un regista (lo stesso Nanni Moretti che qui tutti chiamano Giovanni) che gira un film in costume su un uomo e una donna che lavorano nella sezione del partito comunista del quartiere Quarticciolo di Roma nel 1956. Invitano un circo ungherese ma proprio nei giorni in cui il circo è lì arriva la notizia che i sovietici sono entrati con la forza militare nel loro paese, scatenando un conflitto. Loro desidererebbero che il partito comunista italiano se ne dissociasse, ma non sarà così. Intanto nella vita del regista la moglie, anche produttrice, lo lascia. Lo lascia sentimentalmente, lo lascia professionalmente (produce per la prima volta anche il film di un altro) e lo lascia eticamente (questo altro film è un poliziesco violento il cui punto di vista etico Giovanni disprezza). 

Che Il sol dell’avvenire fosse un ritorno alle commedie morettiane più classiche era chiaro fin dal trailer, e il film conferma tutto, incluse le molte abituali autocitazioni, quel mondo di riferimenti interno al mondo dei film di Moretti che qui, più che in altri casi, ha un senso diverso. Anche l’abituale pratica di far dire al suo personaggio su cosa sia d’accordo e su cosa non lo sia, farlo esprimere sul mondo, sul cinema, sulle persone e ciò che gli capita è indirizzata molto meglio. E questo proprio perché tutto il film parla di cosa significhi appartenere, cosa comporti e come ci si senta a tenerci in un mondo che non ci tiene. 

Il senso di appartenenza è ovunque. Appartenenza a un’idea di cinema, continuamente espressa e spiegata con tanto di esempi da altri film, insieme alla non appartenenza a un‘altra idea (quella di Netflix, quella del cinema in cui la violenza è intrattenimento), l’appartenenza a una generazione e una fazione culturale (qui chiama in causa Augias o anche Renzo Piano nei panni di se stessi per corroborare le sue tesi), l’appartenenza a un’ideologia (quella comunista ma non stalinista), quella agli affetti, anche a un certo tipo di scarpe e contro altre e indirettamente a un’idea di commedia e film da cui non si stacca con letizia, rifiutando un finale cupo per il film nel film e sognando di altre produzioni che forse non farà mai.

È facile vedere in tutto questo egocentrismo o uno specchio in cui Moretti guarda se stesso, ma stavolta tutto questo parlare di sé e di ciò a cui si sente o non si sente di appartenere (che poi sarebbe la maggioranza come già affermato in Caro Diario: “È quello che fanno tutti, è quello che guardano tutti” dirà a un certo punto sua moglie facendolo disperare) è il racconto di un’alterità non sempre blandita, non sempre benefica, non sempre positiva. Intransigenti i personaggi di Nanni Moretti lo sono sempre stati, ma stavolta nell’esserlo non c’è quella gioia a cui siamo abituati. È una testardaggine e un modo di essere fieri e solitari al tempo stesso. È il racconto di cosa significhi questa forma di coerenza alle proprie idee e cosa costi. 

Così, quando alla fine come nei film di Tarantino la verità storica è sovvertita per affermare quella del cinema, migliore, e nel farlo sfilano tutti i volti di attori e attrici importanti per la filmografia di Moretti (ci sono tutti i vivi tranne una: Laura Morante), è difficile non commuoversi per uno spettatore per il quale i film di Nanni Moretti, e quindi quella carrellata di volti felici e cantanti, alcuni anche invecchiati, abbiano significato davvero qualcosa.

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