Il Sogno di Francesco, la recensione

Sporco, poco conciliante e soprattutto idealista e anarchico Il Sogno di San Francesco è quello di eliminare i capi ma nessuno lo segue, nemmeno il pubblico

Critico e giornalista cinematografico


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È evidente che la santità francescana Fely e Louvet la vogliono trovare nell’umanità, nello sporco, nel saio pieno di sterpaglie, nei capelli non lavati, nelle malattie, nelle testardaggini, negli errori e nei problemi. Cioè nell’umano. Rifiutando in toto l’astrazione con cui solitamente i santi vengono rappresentati, questo San Francesco (o come dicevan tutti Francesco) nasce per essere terribilmente terreno, così ordinario e guardato più che altro dallo sguardo di un discepolo, il più pragmatico e irrequieto Elia da Cortona (interpretato da Jeremie Renier, uno dei due attori dardenniani del film assieme a Olivier Gourmet). Invasato, con gli occhi sempre aperti e un’inquietante perenne serenità, Francesco è un politico che conosce poco l’arte della politica, un rivoluzionario della povertà che non ha le idee chiare ma non pare nemmeno permeato da qualcosa di superiore.

Tutto Il Sogno di San Francesco è una battaglia per le idee, una lotta politica combattuta sia con le alte sfere Vaticane, per veder riconosciuto l’ordine francescano (loro vorrebbero che alcune regole fossero cancellate, come quella di non obbedienza, e preferirebbero ci fossero dei “capi” nell’ordine), sia con i propri discepoli, per tenerli uniti sotto una bandiera utopica fatta di tolleranza e povertà, aiuto dei poveri ed esaltazione della mancanza di proprietà, anche quando queste potrebbero servire a sfamare altre persone: “La terra non può essere di nessuno, è di Dio”. I Francescani insomma somigliano agli anarchici.

È la seconda volta che Elio Germano interpreta un personaggio del passato, per parlare della politica moderna. Sebbene non figuri tra gli sceneggiatori di nessuno dei due film, il suo Leopardi e il suo Francesco sono caratterizzati dalla perdita dei tratti caratteristici per diventare metafora lì del ribellismo giovanile, qui degli ideali utopici dell’anarchia.
Con pochissima religione e molto scontro di idee, ma anche con una mancanza di ritmo e di voglia di conquistare intellettualmente o sentimentalmente, questo freddissimo film su San Francesco non è interessato per nulla al mistero della fede e non riesce ad appassionare nemmeno con la pugna dialettica o con gli intrighi di corridoio.

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