So cosa hai fatto (prima stagione): la recensione dei primi quattro episodi

La serie So cosa hai fatto debutta su Amazon Prime Video con un esordio al di sotto delle aspettative

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So cosa hai fatto, la recensione

Dopo i film degli anni '90, So cosa hai fatto ritorna sugli schermi, questa volta televisivi di Amazon Prime Video, con una serie che prova a offrire un approccio più contemporaneo al romanzo scritto da Lois Duncan nel 1973, ottenendo però, almeno con i primi episodi, un risultato al di sotto delle aspettative e deludente.

La storia del progetto scritto e prodotto da Sara Goodman si sviluppa partendo dall'ormai conosciuto spunto narrativo dell'incidente che stravolge la vita di un gruppo di teenager, disposti a tutto pur di mantenere il segreto e proseguire con la propria vita come se non fosse accaduto nulla.
La serie, fin dal primo episodio, mostra infatti quanto successo durante la notte successiva alla fine del liceo e le letali conseguenze delle loro scelte a distanza di un anno.
Il ritorno a casa di Lennon (Madison Iseman), dopo i mesi trascorsi all'università, sembra scatenare l'ira di un killer che sa la verità sulla tragica serata e che prende di mira la giovane e i suoi amici Margot (Brianne Tju), Riley (Ashley Moore), Dylan (Ezekiel Goodman) e Johnny (Sebastian Amoruso). La situazione rende inoltre un po' complicato il rapporto con il padre (Bill Heck), che sta faticando a ricominciare la propria vita dopo alcuen tragedie avvenute negli ultimi anni.

La prima puntata di So cosa hai fatto introduce gli spettatori in una realtà all'insegna di gelosie, traumi, rimpianti, amori non corrisposti, dipendenze, incomprensioni e rabbia adolescenziale e la gestione dell'incidente da parte dei giovani fa emergere le loro vulnerabilità e il lato più oscuro ed egoistico delle loro personalità. Il pilot, in particolare grazie alla buona interpretazione di Madison Iseman nel ruolo di due sorelle gemelle molto diverse e con un rapporto estremamente complicato, mantiene alta l'attenzione e suscita la curiosità necessaria a proseguire con la visione della serie. I problemi, soprattutto per quanto riguarda le interpretazioni e la sceneggiatura, emergono dal secondo capitolo della storia che rende chiaro come lo show faccia fatica a unire e far funzionare insieme gli elementi legati alla tradizione degli slasher movie e il tentativo di rivolgersi a un pubblico giovanile rispecchiandone lo stile di vita e i problemi quotidiani.
Il gruppo di protagonisti è infatti delineato seguendo stereotipi e senza particolari chiaroscuri, facendo diventare ogni presenza particolarmente poco apprezzabile e davvero difficile trovare in loro una possibilità di redenzione o un motivo per sperare che sopravvivano alla vendetta del killer, le cui intenzioni non sembrano affatto chiare e che inizia a mietere vittime in modi sanguinosi e sopra le righe senza un nesso apparente.

Tra dirette social nei momenti meno appropriati, personaggi secondari che si dividono tra fanatici della spiritualità new age e dipendenti dal sesso, svolte che spiazzano per la loro irrazionalità e un assassino che sembra essersi ispirato a Pretty Little Liars per scegliere il modo in cui tormentare le sue "vittime", le prime quattro puntate scivolano rapide senza lasciare il segno e senza grandi emozioni. Non aiuta, inoltre, un livello non particolarmente convincente dei membri del cast e uno script che cerca a tutti i costi l'effetto sorpresa proponendo però delle svolte non giustificate e comportamenti sopra le righe, anche per quanto riguarda i rapporti sentimentali che legano i personaggi.
Il rapporto tra padre e figlia, che poteva rappresentare la colonna portante della fragile struttura narrativa, è persino sacrificato dando spazio a relazioni tra adulti che, almeno nelle prime battute, sembrano totalmente inutili.

So cosa hai fatto avrebbe forse sfruttato a proprio favore una visione in binge watching dell'intera prima stagione che avrebbe reso meno improbabile l'abbandono della visione a causa della quasi totale incapacità di far provare empatia nei confronti dei teenager che rischiano di perdere la vita, apparentemente incapaci di provare reali sensi di colpa e rimpianti dopo la morte dei loro amici. La curiosità di scoprire in che modo gli sceneggiatori hanno gestito l'identità del killer potrebbe infatti non essere abbastanza per mantenere alta l'attenzione settimana dopo settimana, considerando inoltre che la serie non riesce a spaventare, avendo reso chiaro fin dalla premessa lo schema alla base della storia con gli attacchi e le uccisioni brutali. Il potenziale per offrire una versione intrigante del franchise, almeno nei primi quattro episodi, sembra sprecato e dispiace che la bravura della sua protagonista sia messa in ombra da un contesto contraddistinto più da punti deboli e cliché che da originalità e brividi di terrore.

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