Snotgirl vol. 1: Verde (non) d'invidia, la recensione

Abbiamo recensito per voi il primo volume di Snotgirl, opera di Bryan Lee O'Malley e Leslie Hung

Carlo Alberto Montori nasce a Bologna all'età di 0 anni. Da allora si nutre di storie: lettore, spettatore, ascoltatore, attore, regista, scrittore.


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Snotgirl vol. 1, anteprima 01

Se siete fan di Bryan Lee O'Malley potreste fare fatica a riconoscere lo stile del fumettista canadese nel primo volume di Snotgirl. Innanzitutto perché, alla prese con la sua prima serie regolare (pubblicata negli Stati Uniti da Image Comics), abbandona il suo tipico ruolo di autore completo per limitarsi alle sceneggiature; non vedere i suoi personaggi stilizzati allontana quest'opera dalle precedenti, quantomeno dal punto di vista estetico, ma anche narrativamente O'Malley ha deciso di esplorare un nuovo territorio, almeno per quanto riguarda le atmosfere.

Lottie Person è una fashion blogger che attraverso la sua pagina online si mostra sempre perfetta, sorridente e alla moda, ma la facciata è distante dalla realtà: lontana dai monitor, la ragazza ha una pesante allergia che la riempie di muco, è stata lasciata dal ragazzo dopo una relazione di cinque anni e le amicizie di cui si circonda sono finte, quasi tutte legate alla sua popolarità.

L'inadeguatezza di Raleigh, l'amore disperato del nerd Scott Pilgrim, i sogni culinari di Katie; leggendo le precedenti opere di O'Malley è difficile non affezionarsi al protagonista, in grado di creare empatia grazie ad alcune caratteristiche - realistiche o esagerate - che portano rapidamente il lettore al suo fianco. Con Lottie questo non avviene: è una figura profondamente umana ma con snobismi e gelosie tali da rendercela quasi antipatica, forse perché guidata da sentimenti poco nobili che prima o poi tutti abbiamo provato, senza esternarli per non mostrare pubblicamente un lato di noi meno "politicamente corretto".

Snotgirl vol. 1, anteprima 02

L'ovvia riflessione sull'apparenza e sull'identità ai tempi dei social network si mescola con un immancabile elemento surreale: una sera, Lottie incontra Caroline, una ragazza bellissima con la quale potrebbe nascere una sincera amicizia, ma presto gli eventi prendono una piega inaspettata che la portano a dubitare di cosa sia reale e cosa no.

Verde (non) d'invidia si prende tutto il tempo per installare una situazione inquietante, presentare un mondo fatto di blogger zuccherose e detective fashion, gettando le basi per un mistero che non è chiaro dove voglia andare a parare.

L'autore non si preoccupa di fornire risposte al lettore, non fornisce elementi che lo possano rassicurare, e lo disorienta sempre di più; questo potrà risultare poco soddisfacente, una volta concluso il primo volume, soprattutto in un'epoca dove i prodotti d'intrattenimento devono dare "tutto e subito", ma abbiamo fiducia in O'Malley e confidiamo che questa decisione possa darci grandi soddisfazioni sul lungo periodo.

Le tavole di Leslie Hung hanno un aspetto abbastanza ordinario, con una composizione delle vignette che lascia trasparire un po' di inesperienza, ma c'è un evidente impegno nel dare vita ai personaggi di questa storia ambientata nel mondo della moda; la disegnatrice californiana dai tratti asiatici è appassionata di make-up, quindi potrebbe essere una perfetta Lottie (si trovano online anche sue foto con i capelli verdi), ed è evidente che abbia a cuore il progetto.

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Sfogliando le pagine di Snotgirl c'è però qualcosa che stona, come se il risultato finale fosse disturbato da qualcosa. La risposta arriva una volta giunti alla fine del brossurato: in coda alla storia, l'edizione italiana a cura di Edizioni BD presenta alcuni sketch e le copertine originali. I disegni in bianco e nero della Hung, seppur abbozzati, sono nettamente superiori rispetto alla resa finale degli interni, al punto da farci desiderare che Snotgirl possa prima o poi essere pubblicato in bianco e nero, più in linea con l'estetica dei manga (con la quale anche O'Malley si trova a suo agio) che con quella del Fumetto americano. Basta però una manciata di copertine disegnate sempre dalla Hung per farci ricredere: le illustrazioni sono suggestive, affascinanti e perfette per ricreare il look patinato ideale per questa storia, grazie alla sua ispirata colorazione.

Ecco quindi qual è la sbavatura che ci ha inconsapevolmente disturbato durante la lettura dell'albo: i colori di Mickey Quinn, caratterizzati da tinte piatte e qualche sfumatura digitale dalla resa artificiosa, non sono in grado di valorizzare il tratto della Hung ma addirittura lo penalizzano. È un peccato, perché le scelte cromatiche effettuate per Seconds e per la versione a colori di Scott Pilgrim erano molto efficaci, mentre per quanto riguarda Snotgirl non è stata trovata una soluzione altrettanto soddisfacente che potesse essere completata in meno tempo (in patria la serie è iniziata con una periodicità mensile, mentre ora passano circa due mesi prima dell'uscita di un nuovo albo).

Nonostante il difetto visivo sopracitato, siamo impazienti di leggere il proseguimento di questo bizzarro thriller (non sappiamo nemmeno se sia corretto definirlo così, il tempo ce ne darà la conferma), anche per capire se vogliamo bene a Lottie o se la detestiamo.

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