Sneakerentola, la recensione
Con il massimo dell'esaltazione per diversità, località e talento, Sneakerentola non modernizza Cenerentola, la stravolge e così perde senso
Se guardando Sneakerentola a un certo punto, legittimamente, vi chiedete “Ma cos’è?” la risposta giusta dovrebbe essere “È la LinManuelMirandizzazione dei film”, ovvero la maniera in cui la Disney sta virando diverse sue produzioni verso stilemi e idee di Lin Manuel Miranda, compositore e autore di due musical di Broadway (In The Heights e Hamilton) di immenso successo, subito cooptato dalla Disney per le musiche di Oceania, Il ritorno di Mary Poppins e Encanto. Il mondo di Lin Manuel Miranda infatti è perfetto per Disney, è multirazziale ed inclusivo anche al di là del reale (Hamilton racconta un pezzo di storia degli Stati Uniti stravolgendo espressivamente le etnie dei padri fondatori) e al tempo stesso totalmente innocuo.
Il problema è che nel fare tutto questo i tratti più interessanti di Cenerentola ne escono anestetizzati (i fratellastri non sono nemmeno lontanamente meschini come le sorellastre, per non parlare del patrigno) senza che al loro posto venga iniettato nulla di altrettanto interessante. E se a Cenerentola si leva quell’idea di donna vessata in attesa di un redenzione tramite la valorizzazione di sé, per metterci il sogno di un designer, non è che il risultato possa essere lo stesso…
E forse qui c’è l’unico dettaglio che ha un minimo senso, cioè che per la seconda volta dopo Frozen (vero araldo di una nuova era) per la Disney la ragazza è la parte potente della coppia. È lei quella con i soldi e il potere decisionale che può valorizzare o tenere ai margini il ragazzo. Sarà lei a concedergli di poter realizzare il suo sogno dopo aver stabilito l’esistenza di un amore e la sua onestà d’animo. Un uomo che accede all’empireo dei designer di scarpe per concessione di una donna.