Smile, la recensione
Il modello standard dell'horror declinato il meno possibile e messo in pratica saccheggiando da altri film per il godimento di nessuno
La recensione di Smile, in uscita al cinema dal 29 settembre
La maledizione del “vedo le persone sorridere male” infatti viene prima contratta, poi il mondo intorno alla protagonista non capisce cosa le accade e la scambia per matta, dopodiché inizia ad indagare riguardo cosa le stia accadendo, scoprendo che altri come lei sono finiti malissimo, fino a trovare una persona (solitamente un vecchio e/o vecchia) che sa tutto e gli può spiegare i meccanismi della maledizione, fornendo anche una chiave per vincerla, perché subito bisogna correre allo scontro finale. Faccia a faccia.
In questo delirio di cinema abbozzato a mettere paura ci dovrebbero provare una 50ina di jumpscare (alcuni dei quali identici tra di loro) e uno score a cui spetta tutto il compito di creare un’atmosfera inquietante. L’idea centrale, quella di un sorriso maligno sulla bocca delle persone, è poi la ciliegina sulla torta di una lunga serie di spunti presi da altri film di successo (soprattutto It Follows). Un finalone che vorrebbe spingere sul gore, ma in realtà spinge solo sull’impressionante e che sembra contraddire il resto del film che abbiamo visto, fa di tutto per essere originale ma di nuovo lo fa nella maniera meno originale possibile.