Smetto Quando Voglio - Ad Honorem, la recensione

Il capitolo finale della trilogia di Smetto Quando Voglio fa il salto di qualità e trasforma la solita epica antieroica italiana in una vera mitologia eroica

Critico e giornalista cinematografico


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Finito il terzo ed ultimo capitolo della trilogia di Smetto Quando Voglio l’impressione è che finalmente il ciclo di Sydney Sibilia sia riuscito a compiere l’ultimo passo che non gli era ancora riuscito con i precedenti due: fondare una mitologia.

Raccogliendo molto bene i frutti dei precedenti e riuscendo nei pochi minuti iniziali a riportare gli spettatori non tanto nel flusso della storia (non c’è un vero e proprio riassunto delle puntate precedenti ma il film può essere visto da solo senza problemi) quanto nel “mood Smetto Quando Voglio”, in Ad Honorem Sibilia indirettamente dimostra l’esistenza di questo mood e di averlo creato lui. Il solo fatto di recuperare in poco le atmosfere e quel senso di leggerezza e azione, di strana epica del nerdismo che costituisce il carattere della trilogia, ne certifica l’esistenza. Ed è un unicum, ad oggi, nel cinema italiano.

Con molta più azione e solo un filo meno di comicità rispetto al precedente Masterclass, il terzo capitolo si fa più serio con il genere, aggiunge più musica e quando scherza non lo fa più con se stesso ma con il resto del mondo. Ad Honorem chiude tutte le storie partendo da dove finiva il primo, con Pietro Zinni e tutti i membri della banda in galera, stavolta però con la consapevolezza dei fatti che siamo venuti a sapere nel secondo film, cioè la scoperta che qualcuno sta sintetizzando il gas nervino.
Ottemperando alla struttura dei film la banda si dovrà travestire, dovrà creare da zero qualcosa di complicatissimo sfruttando le proprie conoscenze e alla fine riuscire nel proprio obiettivo rocambolescamente con un eccesso di nozioni inutili. In più scopriremo la back story del villain (quella forse la parte più debole e svogliata). Sono tutte le fasi più consuete di un terzo capitolo ed è sorprendente come Smetto Quando Voglio riesca a mettere una bandierina su ogni passaggio obbligato della narrazione hollywoodiana, senza cedere mai un passo dallo stile molto italiano su cui si fonda, finendo per rivoltarlo.

Infatti pur non riuscendo a replicare la potenza esplosiva del primo (ma questa è una caratteristica di qualsiasi trilogia) il terzo capitolo di Smetto Quando Voglio fa sfoggio di una proprietà di linguaggio e una padronanza del genere inedite. L’evasione da Rebibbia è una dimostrazione di forza e umorismo che vanta un lavoro con gli attori fenomenale, come non avevamo mai visto. Sibilia coordina una scena d’evasione essenziale ed asciutta, perfettamente credibile, con un rigore e un montaggio così cristallini da dare il massimo spazio ad ogni singolo elemento della banda e al suo apporto al piano. Di contro viene ricompensato dalle migliori prestazioni di ogni attore. Il risultato è una sequenza perfetta ognuno è importante, nessuno è una primadonna.

È un esempio solo di molto di ciò che avviene nel film ma dimostra bene quale sia il punto cui la trilogia è arrivata con questo terzo capitolo così tecnico, preciso, strutturato e rigoroso: la nascita di un’epica della banda. Pur rimanendo molto nerd (incapaci di concentrarsi su un dialogo senza digressioni e, specie nella chiusa, cronicamente sfigati), Ad Honorem mette in scena un gruppo di ricercatori ormai trasformato in una realtà eroica, una che non ha più bisogno di nascondersi dietro l’insicurezza ma ha raggiunto la consapevolezza della propria potenza (il che non significa che poi le cose non tendano ad andare male prima di finire bene, è pur sempre una commedia). È un passaggio non da poco, è il momento in cui questa trilogia rompe con una tradizione con la quale sembrava invece in armonia.

La commedia italiana storicamente racconta di antieroi in uno sforzo di antiepica. Il paradigma di I Soliti Ignoti, che il nostro cinema ha sempre seguito, è e rimane quello di non essere capaci a fare molto ma di essere divertenti nel tentare, quello di un’irriducibile marginalismo, non riuscire mai nelle avventure con destrezza, semmai con molta fortuna se non proprio per sbaglio. Smetto Quando Voglio, che così era partito, completa il cerchio e riesce qui a dare credibilità a un gruppo di scemi intelligenti che insieme sono invincibili. Eroi reali e non antieroi.

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