Slow Horses (prima stagione), la recensione

La prima stagione di Slow Horses preferisce uno humour cupo e intriso di realismo all'innovazione del genere delle spy story

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Il termine inglese slough può essere tradotto come "pantano, pozzanghera, palude", nonché "abisso" in caso di specifiche figure retoriche. È nella Slough House, purgatorio sudicio e traballante, che si muovono i protagonisti di Slow Horses, in attesa di una redenzione che tarda ad arrivare. Trattasi di reietti dell'MI5, colpevoli di aver commesso un qualche errore nella propria carriera e condannati a un lavoro d'ufficio logorante e pressoché inutile nella suddetta sede molto, molto distaccata.

A capitanarli, un trasandato e burbero figuro che risponde al nome di Jackson Lamb; che a impersonarlo ci sia Gary Oldman è, con tutta probabilità, il principale motivo d'interesse nei confronti della serie tratta dai romanzi di Mick Herron. Potremmo ravvisare echi di La Talpa nella figura di questo cupo, rassegnato agente perfettamente a suo agio nella palude di Slough House. Certo, rispetto a George Smiley, Jackson Lamb è veicolo consapevole di un umorismo tagliente e sboccato, ben lontano dalla melancolia dell'eroe lecarriano.

E sembra, effettivamente, che Slow Horses rielabori con un sorriso sarcastico i temi portanti dell'opera di Le Carré; astenendosi dal proporre qualcosa di realmente nuovo sul fronte dell'intrigo vero e proprio, la serie si concentra sull'aggiungere un volume a uno scaffale di genere già ben popolato. Non c'è trucco, non c'è inganno: il dipanarsi del mistero segue tappe quasi obbligate, secondo una logica ferrea che non scontenterà chi cerca assoluta coerenza nell'iter investigativo.

Il fascino della realtà

Se ciò che Slow Horses racconta non è, come detto, nulla di eccezionalmente innovativo, è il come a meritare una lode. Il realismo sgangherato dei suoi protagonisti, il fatto che un agente prenda la scossa nel tentare di aprire una cassetta di sicurezza, i peti prodotti da Lamb dormiente; tutto contribuisce a creare un mood ruvido e verosimile, raramente mostrato nelle storie di spionaggio. Non ci sono gadget né apparecchiature avveniristiche a disposizione di questa armata di sventurati; un personaggio centrale ironizzerà a un certo punto sull'argomento, scoprendo come uno degli agenti sia addirittura privo di telefono.

In questa privazione continua, in questa perenne mancanza di mezzi, di coraggio, di opportunità, risiede la forza di Slow Horses. Non c'è alcuna certezza che il gruppo di sprovveduti comandati da Lamb porti a casa il risultato; e questo, in una serie dall'intreccio piuttosto scolastico, è quanto di più galvanizzante possa esistere. Empatizziamo immediatamente con questa ciurma di miserabili, non vediamo l'ora di vederli smentire la continua sfiducia manifestata dal capo nei loro confronti. Nessun James Bond potrà mai farci provare questo carico di divertita simpatia.

Slow Horses

Un mondo di marionette

E i cattivi? Lungi dal volerne svelare l'identità, ci limiteremo a dire che nemmeno loro sono esenti da errori. Pur seguendo schemi piuttosto archetipici nel tratteggiarli, Slow Horses non si nega il piacere di qualche colpo di scena sulle loro reali intenzioni, portando lo spettatore a domandarsi chi sia il vero villain intento a muovere le fila di questo fangoso teatrino. Perché sì, forse, l'intera storia non è che una paradossale messinscena teatrale: basterebbe l'adrenalinico prologo a far comprendere come la contrapposizione vero-falso sia al centro di tutta la serie.

Un binomio che viene ribadito più volte nel corso dei sei episodi della prima stagione; ciò che appare raramente corrisponde a ciò che è realmente, e agli occhi dei confusi slow horses protagonisti è necessario un eccezionale sforzo d'attenzione per decifrare gli ingannevoli meccanismi di un imbroglio che stravolge il Regno Unito. Riusciranno a dipanare questa intricata matassa o aggiungeranno un fallimento all'elenco di colpe da espiare? In ogni caso, c'è ancora spazio per altre avventure e disavventure; la serie Apple TV+ ha già previsto una seconda stagione, e non vediamo l'ora di fare nuovamente il tifo per quest'armata di comici, spaventati guerrieri.

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