Sleuth


Un affermato scrittore invita l'amante della moglie a casa sua. Ne nascerà un perverso gioco al massacro. Il remake de Gli insospettabili parte bene, ma cala decisamente nel finale...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

TitoloSleuthRegiaKenneth BranaghCast

Michael Caine, Jude Law

 Uscita9 novembre 2007

Normalmente, quando si parla di un remake, di solito si elogiano tutte le qualità dell'originale, per poi magari far notare come nella nuova versione manchino proprio le caratteristiche che avevano fatto la fortuna della precedente. Problema: parere personale, ma Gli insospettabili, ultima pellicola di Joseph Mankiewicz (Eva contro Eva, Giulio Cesare), è ben distante dal capolavoro di cui molti parlano. Si tratta di una pellicola in cui i due protagonisti (Michael Caine nel ruolo del giovane parrucchiere e un insopportabile Laurence Olivier nelle vesti dell'eccentrico scrittore) gigioneggiano in maniera francamente insopportabile, peraltro con una prima ora di film decisamente lentissima. 

Paradossalmente, questo nuovo Sleuth risolve diversi problemi. Intanto, dura quaranta minuti in meno e questo è sicuramente un bene, perché la storia non è in grado di reggere lunghezze maggiori. E poi, il tono della pellicola è molto diverso, grazie alla sceneggiatura di Harold Pinter, che elimina molte delle stravaganze dei dialoghi originali per offrirci delle discussioni più secche e misurate, con qualche piccola perla (come la descrizione di Dio). Pur mantenendosi per 3/4 in linea con la trama della vecchia pellicola, Sleuth funziona in maniera diversa, grazie ad una coppia di attori ben integrata (Jude Law e Michael Caine, questa volta nel ruolo dello scrittore) che riescono a mantenersi sufficientemente sobri e convincono lo spettatore. Coraggioso (anche se forse non del tutto efficace) anche il totale cambiamento a livello di scenografie: dove la pellicola del 1972 presentava le opere fantasiose di Ken Adam (Il dottor Stranamore e diversi Bond notevoli nel suo curriculum), tutte improntate al gioco, qui è la modernità glaciale del vetro e dell'acciaio a farla da padrone. Come detto, forse il risultato è meno elegante, ma decisamente una scelta appropriata per il tono del film.

Tutto bene, insomma? No, purtroppo no. Ad un certo punto (dopo poco più di un'oretta), il film si discosta decisamente dalla trama originale, per prendere una strada francamente non convincente, tanto che si sospetta che possa essere l'ennesimo inganno (magari scontato, ma almeno con la sua logica). Invece, la conclusione è francamente inspiegabile e dà l'impressione di una certa mancanza di idee, così come i due interpreti raggiungono note troppo alte e spettacolari, che fino a quel momento avevano evitato abbastanza bene.
Non funziona neanche la regia di Kenneth Branagh. Infatti, l'autore che ha reso di nuovo cool Shakespeare, nonostante la materia trattata, opta per inquadrature particolari ed evidenti, mentre una maggiore sobrietà e misura avrebbero sicuramente giovato. Ma forse, non è il caso di chiederli a chi ci ha dato un Amleto di quattro ore...

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