Sky Rojo (prima stagione): la recensione
Dai creatori di La casa di carta arriva Sky Rojo, una nuova serie che racconta di tre donne in fuga verso la libertà
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Dopo il successo globale ottenuto con La casa di carta, Netflix ha puntato sulla carta Alex Pina – uno che evidentemente sa come piacere al grande pubblico – per nuovi show. Sky Rojo è uno di questi ma, nome dell'ideatore a parte, non ha poi molto in comune con la serie sulla rapina alla zecca di Spagna. Forte dell'appellativo "pulp" autoattribuitosi, Sky Rojo guarda come modello all'exploitation al femminile, quello low budget delle donne in fuga – e successivamente all'attacco – in un ambiente maschilista. È una visione agile e superficiale, che azzecca il trio di protagoniste, ma non va poi molto più in profondità di così.
Coral (Veronica Sanchez) che aveva il legame più forte con Romeo, l'argentina Wendy (interpretata dalla popstar Lali Esposito), e Gina (Yany Prado), di origine afro-cubana, anche lei vittima di false promesse: sono loro le protagoniste della serie e l'elemento migliore dello show. Il casting è azzeccato, e ognuna di loro riesce ad aderire bene alle caratteristiche del suo personaggio, anche grazie ad alcuni flashback chiarificatori.
Funziona la velocità di consumo della serie, che dura appena otto episodi da circa mezz'ora ciascuno, e non chiede molto allo spettatore in termini di attenzione. Da qui a vederci una valida rappresentazione delle istanze femministe ce ne passa abbastanza, anche perché Sky Rojo non ha mai quella violenza liberatoria di cui avrebbe bisogno. Anzi, per qualche strano motivo la scrittura cerca una certa empatia mal posta nei confronti di quelli che ci vengono presentati come gli aguzzini delle donne. È comunque un prodotto migliore di La casa di carta, alleggerito dalle seriose affermazioni e teatralità di quella serie: se si prendesse ancora meno sul serio sarebbe ancora migliore.