Sin City: una Donna per cui Uccidere, la recensione
Ancora più determinato a tradurre il tratto milleriano in film, Sin City: una Donna per cui Uccidere esplicita il sesso che sottende la tradizione noir rendendolo visione fumettosa
Perchè questo secondo film mantiene una sceneggiatura e dei dialoghi terribili (sicuramente non aiutati dal doppiaggio italiano) a fronte di soggetti ottimi (la parte di storia che proviene dai fumetti), ma lavora di estetica in maniera ancora migliore, ancora più radicale e ancora più milleriana quindi ancora più eccitante.
Le tre storie di Sin City 2 (narrate come nel film precedente non a incrocio ma una dopo l'altra) disegnano ancora una volta e con più forza il tema portante del noir duro e puro (sebbene poi le storie siano raccontate andando a parare più che altro dalle parti dell'hard boiled) ovvero lo sconvolgimento sociale portato dal nuovo ruolo della donna nella società metropolitana della prima metà del novecento. Essendo un film moderno quella componente sessuale che prima era suggerita qui è esplicita, forte, potente ed eccitante nel senso stretto, usata per il medesimo fine di sempre, raccontare di un uomo che perde la propria etica (sia criminale che dalla parte della legge) per un amore radicato nel sesso. Lungi dall'essere banale, la sovraesposizione al posto dell'ammiccamento e del suggerito nella dimensione visiva di Miller diventa l'essenza dell'espressionismo fumettoso. Non c'è quasi nulla di nemmeno "probabile" in Sin City 2 ma questo rende ogni idea visiva capace di dire cose vere.