Silent Night - Il silenzio della vendetta, la recensione

Un uomo che non parla è in guerra contro il crimine organizzato, ha una motivazione forte ma a Silent Night interessa la sua brutalità

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Silent Night - il silenzio della vendetta, il film di John Woo in uscita il 30 novembre in sala

Esistono solo due categorie di film nei quali i personaggi, in seguito a un incidente, perdono la vista, l’udito o le corde vocali: i melodrammi e i film d’azione di John Woo. Che poi, in un certo senso cinematograficamente perverso, sono la stessa tipologia di film solo con ritmi, convenzioni (e quantità di lividi) diverse. Silent Night - il silenzio della vendetta ha quell’idea melodrammatica del grande incidente come piedistallo per mettere in risalto una trama completamente diversa, fatta di uno studio pornografico della trasformazione di una persona più o meno comune in un vendicatore attraverso una rabbia primordiale che chiama la violenza. È il film che molti altri potrebbero fare e molti hanno già fatto, ma guardato da qualcuno che i film li sa creare benissimo, con cura e piacere in tutti gli snodi e con la piccola difficoltà aggiunta della mancanza di dialoghi.

Che poi le parole ci sono in Silent Night - il silenzio della vendetta, solo non escono dalla bocca delle persone ma escono dalle radio e dai televisori (come in Tempi moderni!). Sono i dialoghi a mancare nella storia di quest’uomo che inizia con una fuga a piedi da qualcuno in auto. Perché fugga, chi sia e cosa sia successo lo scopriamo dopo questa prima sequenza d’azione in corsa, c’è stato un omicidio involontario e ora un uomo che sembra non avere più niente da perdere è intenzionato a vendicarsi. Potrebbe essere la storia di John Wick solo che non è lo stile il punto (ed è una novità per John Woo!), stavolta il punto sono la brutalità e la tensione insita in un percorso di conquista dell’azione.

La parte incredibile di Silent Night - il silenzio della vendettaè che John Woo è tornato a fare un film americano come se non fosse John Woo. È tornato dal basso, con un B movie (come la prima volta che era arrivato da Hong Kong) centrato sul gesto dell’azione e non sulla trama, dotato di intrecci minimi e personaggi che non si muovono dall’archetipo di genere che incarnano. Che non sia un’operazione pigra ma anzi una piena di voglia di fare film non lo si capisce solo dalla mancanza di dialoghi usata per aguzzare il resto della messa in scena, ma anche da come nel momento in cui il film decide di sfruttare un training montage, questo sia musicato in modi per nulla convenzionali, efficace e rispettoso dell’idea di una rabbia che monta.

In un certo senso, e senza esagerare, come tutti i grandi film,Silent Night - il silenzio della vendetta vuole reinventare il cinema. O almeno il cinema del proprio genere. Un carillon che lega il personaggio alla sua parte più tenera è uno dei due, massimo tre, dettagli che ricordano gli stilemi di John Woo, per il resto questo è un film molto lontano dalla sua passione per l’esagerata stilizzazione in cui, riportato a una messa in scena meno barocca si vede che eccezionale regista sia Woo. Un finto pianosequenza nella tromba delle scale ad esempio è molto brutale, fatto di stuntmen e di movimenti grezzi ed efficaci, Quindi molto americano e poco cinese (l’opposto di quello che cercava la prima volta che arrivò a Hollywood), lontano dalle arti marziali precise di Atomica bionda, pensato per sembrare realistico, caotico e come tutto questo film, qualcosa di animalesco che racconta una parte sopita dell’essere umano. Anche per questo è perfetto il faccino pulito ed elegante di Joel Kinnaman, quello da cui può partire un viaggio al centro della rabbia.

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