Silent Land, la recensione

Silent Land sa più che altro di film che si sente più grande di quello che è; i bei virtuosismi e il mood autoriale, per quanto belli, sembrano più che altro una trappola.

Condividi

La recensione di Silent Land, al cinema dal 29 giugno

Alla base di Silent Land c’è uno strano e ben poco chiaro groviglio tra l’indifferenza e il senso di colpa: è quella che “affligge” (tra virgolette perché incapaci di empatia) i protagonisti Anna e Adam (Agnieszka Zulewska e Dobromir Dymecki), due turisti polacchi che durante un soggiorno in Sardegna assistono alla morte di un operaio immigrato.

Co-scritto da Piotr Litwin e Aga Woszczynska e diretto - esordiente - da Aga Woszczynska, Silent Land mostra velleità autoriali, una regia molto presente e invasiva (la macchina da presa che si muove indipendentemente dai personaggi, le lunghe viste al di fuori dell’azione vera e propria) ma al contempo un distacco totale dalla materia narrativa, che difatti risulta pretestuosa e inconsistente.

Sardegna, casa vacanze. Nonostante la bellezza del luogo, la casa non è esattamente come la immaginavano Anna e Adam. Niente di scandaloso, me se c’è una cosa che proprio non va giù ai due è che la piscina della villa sia rotta: e così, chiamato il proprietario, fanno venire un operaio ad aggiustarla. I due però sono ancora insoddisfatti e contrariati nel vedersi arrivare un ragazzo nordafricano, che guardano con un latente disprezzo e un visibile fastidio. Da questi piccoli indizi, ecco lo snodo narrativo del film: il ragazzo scivola, cade nella piscina vuota e muore davanti a loro. Si tratta di un’omissione di soccorso volontaria o di una serie di circostanze sfortunate?

Da questo evento iniziale Silent Land tenta di alimentare in modo allusivo quell’incertezza dei protagonisti. Attorno al loro costante silenzio e alla loro routine annoiata (che certamente fa venire l’angoscia più di ogni altra cosa…) non c’è chissà quale sviluppo narrativo, solamente due personaggi che dovrebbero fare da eco al loro disagio: una coppia con cui fanno amicizia e immersioni, e che di fatto serve ben poco ad ampliare e riflettere i loro conflitti. Il fatto è che è proprio il loro conflitto ad essere evanescente, vago, quasi inesistente. I due personaggi sono talmente alienati ed anempatici che è impossibile avvicinarvisi e quindi comprendere di cosa voglia davvero parlare il film.

Si potrebbe dire, quasi tirando a indovinare, che il film sia incentrato sul rapporto tra paura e pentimento. Anna e Adam ci vengono presentati da Aga Woszczynska sempre inseguendo l’ambiguità, ma l’effetto è decisamente più frustrante che poetico: non c’è costruzione del personaggio, quindi l’ambiguità si regge sul nulla. Per questo motivo, Silent Land sa più che altro di film che si sente più grande di quello che è; i bei virtuosismi e il mood autoriale, per quanto centrati, sembrano più che altro una trappola.

Siete d’accordo con la nostra recensione di Silent Land? Scrivetelo nei commenti!

Vi ricordiamo che BadTaste è anche su Twitch!

Continua a leggere su BadTaste