Sideways

Ha vinto più premi di qualsiasi altra pellicola del 2004. E’ piaciuto praticamente a tutti. Ma il film di Alexander Payne merita veramente tutti questi consensi? Assolutamente sì.

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In effetti, non serve essere dei quarantenni in crisi per adorarlo. Ma cosa c’è di così buono in questa nuova fatica di Alexander Payne (A proposito di Schmidt, ma soprattutto il magnifico Election)? Intanto, una delle sceneggiature più solide che si siano viste negli ultimi anni (e non è un caso che sia una delle poche sicurezze per l’Oscar, dopo la vittoria ai Globes). Due protagonisti maschili molto diversi tra loro: uno viene da un divorzio da cui non si è mai ripreso, l’altro sta per sposarsi ed è deciso a sfruttare pienamente gli ultimi giorni di “libertà ”.
Ma non c’è solo questo. Non sarà certo un caso che uno sia un attore (di pubblicità e di soap, non certo un interprete di Cechov), mentre l’altro è un aspirante scrittore che non ha mai pubblicato nulla. Era dai tempi in cui Woody Allen era ancora in grado di realizzare film interessanti che non si vedeva un così evidente contrasto metaforico tra la superficiale Los Angeles e la New York snob.

Ma c’è di più. Miles è apparentemente freddo e razionale, ma in realtà , come molte persone di questo tipo, ha i suoi momenti di follia, che lo portano a fare telefonate assurde o scenate senza senso. E, soprattutto, a perdere di vista le occasioni del presente per andare in cerca dei fantasmi del passato.
E Jack, dietro la patina di uno scatenato dongiovanni, nasconde una grande tristezza e insicurezza interiore, unita anche però ad un cinismo e ad una falsità che contribuiscono a creare un quadro molto veritiero.
Ovviamente, tutto questo non sarebbe possibile senza due interpreti strepitosi. Paul Giamatti è sempre stato apprezzato come spalla in molti film importanti (Man on the Moon, Salvate il soldato Ryan) ed è un piacere vederlo primeggiare finalmente in un ruolo da protagonista (siamo sempre in attesa che esca nel nostro paese American Splendor, peraltro).
Ma la vera sorpresa è Thomas Haden Church. Praticamente sconosciuto fino ad oggi, riesce a fornire una prova di grande complessità , tratteggiando un personaggio ricco di sfumature.

Discorso diverso, ma comunque interessante, per le due coprotagoniste femminili. Virginia Madsen è bravissima a sfruttare il suo minutaggio ridotto, senza strafare o voler emergere a tutti i costi, ma semplicemente cercando di lavorare di squadra. La sua performance è notevole e fa piacere vedere che molti premi siano assegnati a lei e non ad interpretazioni più urlate.
Infine, Sandra Oh se la cava bene, ma il suo ruolo è decisamente quello meno interessante dei quattro. Almeno, nessuno potrà dire che è stata raccomandata dal marito regista...

Non si può poi non parlare di un altro protagonista importante, anche se non accreditato e non premiabile (almeno non dai critici cinematografici): il vino. Così come l’anello diventava un personaggio nella trilogia di Peter Jackson, anche il nettare di Bacco ha qui un ruolo fondamentale. E’ attraverso il vino infatti che i personaggi rivelano la loro personalità o mostrano i loro stati d’animo. D’altronde, come dice Virginia Madsen, il vino ha una sua vita e una sua evoluzione, quindi...

Ed è impossibile non notare la grande capacità di unire divertimento e introspezione. Così come la grande commedia all’italiana (molti hanno fatto, correttamente, il nome de Il sorpasso di Dino Risi), anche Sideways riesce ad unire mirabilmente questi due aspetti della vita. Certo, ci sono idee spassosissime (il 3x1, ad esempio), ma anche tocchi molto delicati e melanconici. D’altronde, anche il finale, nonostante non sia certo negativo, lascia comunque molta tristezza nello spettatore.
E anche la regia dimostra una grande maturità nel lasciar spazio ai magnifici interpreti, non mancando di risultare più evidente quando serve (molto carina l’idea di dividere lo schermo in più immagini durante il viaggio dei due).

Insomma, se non siamo di fronte al migliore film del 2004, si tratta della pellicola con i migliori dialoghi dell’anno. Vi sembra poco?

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