Si vive una volta sola, la recensione

Uno dei film peggiori della filmografia di Carlo Verdone, Si vive una volta sola ha una pessima idea di sé e un'ancora peggior opinione del proprio pubblico

Critico e giornalista cinematografico


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Si vive una volta sola, la recensione

Un gruppo di amici che nonostante l’età si martoria la vita con scherzi continui, scherzi pesantissimi al limite dell’accettabile, viene devastato dalla notizia che uno di loro, proprio quello più bersagliato e vessato, ha un male terminale e non lo sa. Per accontentarlo in tutti i suoi desideri e le sue bizze gli altri lo accompagneranno in una vacanza disastrosa in cui subiranno di continuo le sue vendette ora che, malato, non possono fargli nulla. E poi ci sarà un finale a sorpresa con una rivelazione che nessuno ma proprio nessuno sarà mai in grado di immaginare. Ma proprio nessuno.

Eppure su quella rivelazione si basa il film. Si vive una volta sola crede fermamente che il suo pubblico di riferimento non arriverà già a poco dall’inizio a capire il finale (se non dal trailer) e procede a grandi cavalcate. Così facendo Verdone mescola il proprio cinema storicamente pieno di meschinità e piccolezze vissute con partecipazione, accostate alle loro conseguenze, all’amarezza che lasciano e all’amarezza che la causano, con il cinema delle commedie basiche di Aurelio De Laurentiis (che da diversi anni lo produce) come non aveva mai fatto prima. Le gag si fanno più fisiche che in passato, ma soprattutto le situazioni sono così risapute che l’esito di ognuna è noto fin dall’inizio (come in quei film in cui ogni tradimento sta lì per essere scoperto, ogni segreto per essere svelato e ogni oggetto pesante è pronto a sbattere contro la testa di qualcuno). Con il medesimo atteggiamento anche l’esito di Si vive una volta sola è scontato ma il film fa finta di niente.

Se il pretesto che mette in moto questi personaggi e i loro caratteri è poca cosa (pochissima davvero) è allora lecito attendersi almeno che il viaggio sia dotato di grande ritmo, puntellato di gag ma soprattutto è più che lecito aspettarsi da Carlo Verdone, in virtù di quello che ha dimostrato di saper fare nei suoi film migliori, che il pretesto sia un mezzo per arrivare ad altro. E invece non c’è altro. La storia è questa, i personaggi sono questi. Avranno momenti di pianto, momenti felici, un po’ di appeal sessuale e qualche trasgressione da tinello. Il campionario dei sentimenti, a buon mercato e a livello terreno perché privi di una costruzione che li sostenga.

Arrivati alla fine di tutto, quando la previsione iniziale si avvera e tutti (tranne gli spettatori) ne rimangono stupiti, ci si trova di fronte all’amara constatazione che proprio non c’era nient’altro, che il film aveva davvero puntato sul ribaltamento finale. Che effettivamente l’idea di commedia di Si vive una volta sola sia delle battutacce (che poi non sono neanche parte del repertorio di Carlo Verdone, il suo umorismo da sempre sta nella creazione di situazioni, contesti e frasi che non suonano come battute se non in bocca a quei caratteri), della torta in faccia in chiusura e degli scherzi. Scherzi privi di costruzioni elaborate, scherzi di cui non vediamo la fase di preparazione, quella che in un film come Amici miei è tutto perché non conta l’esito, conta l’ideazione, il sentimento che li anima, la piccineria, la frustrazione o la stupidità che li alimentano e ci raccontano qualcosa che non sia solo la bravata.
Ma anche gli scherzi ad un certo punto vengono abbandonati da un film sempre più sconfortante che si ripiega sempre di più verso un’economia di idee e di sforzo terribile.

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