Sherlock: L'Abominevole Sposa, la recensione

Diverte ma non conquista il viaggio in salsa vittoriana nel palazzo mentale di Sherlock, godibile cuscinetto tra due stagioni

Condividi
Due anni sono passati dall'ultimo episodio di Sherlock, che ci ha lasciati con un cliffhanger rapidamente risoltosi dopo i titoli di coda ma, non per questo, con una minor voglia di seguire le avventure del consulente investigativo più famoso della letteratura mondiale, negli svecchiati panni che Steven Moffat e Mark Gatiss gli hanno donato a partire dal 2010. E Sherlock Holmes (Benedict Cumberbatch) torna ora alla carica in una forma classica e, proprio per questo, inedita per la serie BBC: smesso il cappotto e la pettinatura riccioluta, eccolo in completo di tweed e deerstalker in una Baker Street del 1895, coadiuvato dal fidato John Watson (Martin Freeman) in un caso che, per le sue tinte sovrannaturali, riporta alla mente le atmosfere di Il Mastino dei Baskerville.

In questa realtà alternativa che può divertirsi a ripercorrere più pedissequamente alcuni passaggi della saga creata da Conan Doyle - rivediamo infatti il primo incontro tra Watson e Holmes, calato nello scenario descritto dallo scrittore in Uno Studio in Rosso - i nostri due eroi non perdono un colpo in smalto né in affiatamento, confermando quell'eccelsa chimica che, da sempre, costituisce l'essenza più profonda e imprescindibile di questa osannata serie tv. Nessuna sorpresa da questo punto di vista: tuttavia, una volta calmato l'entusiasmo per il ritorno sugli schermi di un prodotto che ha dimostrato, negli anni, di poter sopravvivere a più di uno scivolone, complice soprattutto l'intrinseco carisma dei due protagonisti e la variegata solidità del loro legame, la trama di The Abominable Bride non convince appieno, e sono gli stessi autori a rimarcarlo con qualche espediente furbetto, autoassolvendosi dalla lieve colpa di non aver creato altro che un cuscinetto narrativo tra due stagioni, un divertissement che non aggiunge, all'atto pratico, nulla di davvero rilevante al plot contemporaneo con cui la realtà alternativa vittoriana si alterna.

C'è molto più di quanto possa apparire a un occhio superficiale in questo ridondante, bizzarro speciale natalizio

La prima metà dell'episodio, benché benefici indubbiamente del fattore novità dato dall'insolito setting, è comunque gravata da una tendenza espositiva che, nei passati nove episodi, era stata risolta in pochi minuti. Per di più, il pathos legato alla risoluzione dell'enigma della sposa va scemando non appena viene svelato l'intreccio passato-presente, specchio di un complesso ragionamento in atto nel vulcanico cervello di Sherlock, in fase di elaborazione del ritorno sulle scene del fu Jim Moriarty (Andrew Scott). È, in fondo, quasi un sollievo tornare ai giorni nostri sul lussuoso aereo che è stato luogo d'esilio di pochi minuti per Sherlock, a dispetto di un'ambientazione d'epoca raffinata ed esteticamente impeccabile - alcune transizioni toccano vertici artistici notevoli, si noti quella tra l'intrico del labirinto e le mani dell'investigatore - e di un paio di perle davvero godibili tra Sherlock e l'immancabile - sebbene defunto - Moriarty.

Sarebbe tuttavia ingiusto e in qualche modo ottuso ridurre la macchinosa soluzione di The Abominable Bride a un giocoso quanto confusionario riempitivo per lenire la lancinante attesa della quarta stagione da parte dei numerosi fan di tutto il mondo. C'è molto più di quanto possa apparire a un occhio superficiale in questo ridondante, bizzarro speciale natalizio: c'è, soprattutto, la critica velata e bonaria a una certa ingenuità tipica delle opere di Conan Doyle, impregnate di un gusto teatrale da cui la serie BBC ha attinto in modo misurato lungo le tre stagioni finora uscite. Ciò che di questo speciale resterà nella mente del pubblico è, in definitiva, un sapore tenue ma piacevole, un palliativo a suo modo efficace per spezzare gli anni di iato tra His Last Vow e la nuova tranche di puntate.

È vero, probabilmente The Abominable Bride manca di quel mordente emozionale che aveva caratterizzato il resto della creatura di Moffat e Gatiss, ma assolve alla perfezione il proprio compito: rinfrescare l'interesse degli spettatori di tutto il mondo nei confronti di una serie che, a prescindere dal valore del singolo episodio in sé, potrebbe forse ormai aspirare a vivere di rendita grazie a una semina passata di qualità più unica che rara.

Continua a leggere su BadTaste