Sheltered vol. 1: Prima dell'Apocalisse, la recensione
Un altro fumetto a tema apocalittico? Le apparenze ingannano: l'orrore di Sheltered è molto più vicino a noi e decisamente più raccapricciante
Il primo capitolo di Sheltered ci guida quasi per mano in questa direzione: gli abitanti di un villaggio dell’America rurale, convinti che al mondo restino pochi mesi di vita a causa di un’imminente catena di eruzioni vulcaniche che oscureranno il sole e che stermineranno il resto della popolazione mondiale, si sta organizzando per scampare alla catastrofe, con la costruzione di bunker sotterranei abusivi, stoccaggio di provviste e tutti gli stereotipi a cui i fanatici delle cospirazioni e gli harbinger of doom ci hanno abituato. E fin qui l’occhio scettico del lettore non fa che trovare conferme. Il vero colpo di scena, e il vero incipit di tutta la vicenda, arriva alla fine del primo capitolo, quando scopriamo che gli adolescenti del villaggio, che in termini di paranoia hanno battuto la generazione precedente di molte lunghezze, organizzano un macabro e folle “colpo di stato” sterminando tutti gli adulti per potersi garantire maggiori possibilità di sopravvivenza dinanzi al cataclisma incombente.
Dopo questa svolta iniziale, Sheltered diventa molto più interessante e accattivante da seguire, premesso che un tuffo a capofitto in ciò che di più mostruoso ha da offrire l’umanità sia il vostro pane quotidiano. Entrano in gioco due fattori che accomunano sia le protagoniste della serie che il lettore e che costituiscono i capisaldi su cui è incentrata tutta la serie. Il primo è l’isolamento: in parte grazie ai sotterfugi a cui la precedente comunità di adulti aveva fatto ricorso per mettere in atto il suo piano, in parte per il ferreo controllo che Lucas instaura una volta preso il controllo, ogni contatto col mondo esterno è precluso: le comunicazioni tradizionali sono interrotte, tutti gli strumenti per contattare il resto del mondo vengono requisiti o distrutti e il clima inclemente e le grandi distanze che separano il villaggio dagli altri centri abitati fanno il resto. Se a questo si aggiunge che le ambientazioni principali in cui si svolge la serie sono i bunker di sopravvivenza e gli scantinati in cui gli abitanti del villaggio erano pronti a rifugiarsi, è facile capire come l’atmosfera opprimente sfoci presto nel claustrofobico fino a diventare soffocante, uno stratagemma che nella sua semplicità contribuisce di molto a intensificare la tensione e a trascinare il lettore in prima persona negli scenari da incubo che segue.
Di conseguenza, Sheltered si trasforma rapidamente da The Walking Dead a qualcosa di più simile a Il Signore delle Mosche, dove l’unico vero orrore è quello di vedere i fin troppo fragili paramenti dell’umanità e della moralità sfaldarsi rapidamente uno dopo l’altro man mano che i giovani protagonisti regrediscono da una situazione di partenza forse anomala ma comunque civilizzata, fino a uno stato animalesco e inumano. Al punto che il lettore si ritrova quasi a sperare che prima o poi la temutissima apocalisse finale si verifichi veramente, in modo da giustificare almeno in qualche modo gli orrori che essa ha causato, sebbene inconsciamente prenda sempre più forma che la paventata eruzione vulcanica, come il Godot di Beckettiana memoria, sarà attesa in eterno senza arrivare mai.
Tornando quindi a quel pre-apocalyptic tale che accompagnava il sottotitolo iniziale, ci si ritrova a chiedersi se la “pre-apocalisse” sia non tanto quella del mondo esterno, sempre più lontano e irrilevante ai fini della storia, bensì quella dell’umanità dei protagonisti, che un colpo dopo l’altro viene inesorabilmente demolita.
Visivamente, Johnnie Christmas ci fornisce una prestazione aspra, scarna e asciutta che in un’epoca di sfavillanti e dettagliatissime produzioni potrebbe scoraggiare chi cerca una resa grafica mirabolante, ma proprio come accade per i testi di Ed Brisson, si tratta solo di farsi strada fino alla fine del primo capitolo, quando la vera natura della storia viene rivelata: da lì in avanti, il disegno si rivela efficacissimo nel narrare una storia cruda, folle e disperata, riuscendo comunque a delineare in modo realistico e caratterizzante i vari protagonisti della vicenda con le loro idiosincrasie, tic e tratti tipici dell’adolescenza americana.
Vale la pena infine di menzionare che il primo volume si conclude con il più classico dei cliffhanger, rimandando il destino dei sopravvissuti di Sheltered e di quel che resta dei loro frammenti di umanità a un successivo blocco di capitoli. E questo forse è l’azzardo più grosso che Brisson si prende, e anche quello che mette a nudo i potenziali difetti dell’opera: perché se è vero che si può rimproverare ben poco alle tecniche narrative, ai ritmi e alla tensione che Sheltered riesce a proporre in questo primo volume, è anche vero che la natura della storia narrata è molto più adatta a una vicenda autoconclusiva e di durata limitata che non a una serie regolare. Difficile mantenere certi elementi come l’assenza di contatti con il mondo esterno, la verità sull’esistenza o meno dell’eruzione vulcanica e il degenerare dei rapporti tra i sopravvissuti troppo a lungo prima che la suspension of disbelief o il grado di tolleranza del lettore giungano al livello di guardia.
Ma per chi è disposto a seguire Brisson e Christmas in questa scommessa, il primo volume di Sheltered riesce nel non facile compito di offrire atmosfere horror e di alta tensione senza ricorrere a zombie, possessioni demoniache, orrori ancestrali, entità aliene o esperimenti genetici: soltanto un gruppo di adolescenti e una porta su quel lato della mente umana che dovrebbe restare sempre chiuso, e che qualcuno ha inavvertitamente e tragicamente aperto...