She-Hulk vol. 3: Jen Walters deve morire, la recensione

Abbiamo recensito per voi il terzo volume di She-Hulk scritto da Mariko Tamaki

Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.


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She-Hulk #159, anteprima 01

La potenza è nulla senza controllo, recitava un vecchio spot pubblicitario. A seguito dei drammatici eventi della Seconda Guerra Civile dei Super Eroi, Jennifer Walters non ha più il totale controllo di se stessa. Finita in coma a causa di uno scontro con Thanos - e dopo aver perso suo cugino Bruce Banner - She-Hulk non riesce più a gestire la rabbia che le scorre nelle vene, cosa che la porta a trasformarsi in un mostro brutale.

Intimorita e persa, Jen sta tentando di trovare un nuovo equilibrio, di ripartire nonostante le gravi cicatrici che hanno irrimediabilmente segnato il suo animo. L'amicizia con Patsy Walker, alias Hellcat, la tiene ancorata alla realtà, ma la trasformazione è parecchio profonda, tanto da lasciare un segno anche sul suo alter ego: dal verde, Shulkie è passata al grigio, la stessa colorazione della versione primigenia di Hulk, creata da Stan Lee e Jack Kirby.

Il terzo volume della collana, proposto da Panini Comics con il lapidario titolo Jen Walters deve morire, cala il sipario sulla gestione di Mariko Tamaki e vede la protagonista affrontare il feroce attacco di... She-Hulk. Orchestrato dalla nemesi di suo cugino, il Capo, l’agguato costringe l'eroina a uno confronto doloroso quanto necessario con le sue paure.

Portando avanti uno sviluppo del personaggio coerente e credibile, la scrittrice canadese chiude il cerchio conducendo Jen attraverso prove fisiche e mentali che mettono a dura prova la sua resistenza, tanto da farle mettere in discussione i suoi punti fermi. Nei quattro capitoli di questo arco narrativo, tuttavia, viene concesso maggior spazio al piano del villain; uno spunto banale che poteva essere sviluppato in meno pagine. L’affascinante lavoro operato nei meandri della psiche di Jen – sublimato perfettamente in una copertina di Rahzzah – viene dunque sviluppato in maniera piacevole, tra soluzioni visionarie e dialoghi asciutti, ma non abbastanza incisiva. Il disequilibrio tra le diverse parti di questa serie è evidente e indebolisce la chiusura di un cammino che, almeno sino a questo punto, si era rivelato più che convincente.

She-Hulk #159, anteprima 02

Analizzando il lavoro della Tamaki, non possiamo che elogiare la volontà di scavare a fondo nella psicologia del personaggio portando avanti in maniera organica un percorso che la conducesse dalle conseguenze di Civil War II all'era Legacy, di cui questo arco narrativo fa parte. Una non ottimale gestione del finale, unito a una mediocre componente artistica che ha caratterizzato la maggior parte delle uscite, penalizza in maniera fin troppo netta She-Hulk (tornata al titolo originale dopo la parentesi solo come Hulk).

Sfogliando i precedenti volumi, si nota quanto i disegnatori siano stati il vero punto debole del progetto: Jahnoy Lindsay è solo l’ultimo di una serie di artisti che non sono riusciti a incidere sul personaggio, offrendo prove scialbe, prive di dinamismo ed espressività. Le tavole sono monotone, rese ancor più piatte dai colori di Federico Blee e Chris Sotomayor. Un limite non da poco per un ciclo di storie che avrebbe meritato un apporto di tutt’altro livello. Solo Diego Olortegui si dimostra all’altezza, sebbene le pagine conclusive siano avulse dal contesto.

Nel fresh start degli eroi Marvel, She-Hulk è membro titolare degli Avengers ed è tornata a essere l’eroina di sempre (più o meno). La strada percorsa per rialzarsi dagli incredibili colpi che la vita le ha inferto sono stati narrati da Mariko Tamaki in maniera ambiziosa, con risultati non sempre all’altezza delle aspettativa. Peccato.

She-Hulk #159, anteprima 03

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