Sharp Objects 1x02, "Dirt": la recensione
Il secondo episodio di Sharp Objects fa luce sull'ipocrisia degli adulti nella comunità di Wind Gap e prosegue il viaggio nella psiche di Camille
Nella sua casa bomboniera messa a lucido dalla domestica rigorosamente di colore, retaggio di un'atmosfera sudista che Adora sembra voler rievocare in ogni angolo della sua abitazione, Camille si muove come un'aliena; la casa è infatti emanazione diretta del gusto e dell'indole materna, diametralmente opposta a quella della ragazza tanto quanto a quella della sorellastra Amma (Eliza Scanlen), provata dal dover mantenere tra le mura domestiche l'immagine leziosa e porcellanata di bambina perbene, salvo poi rubare vodka nei drugstore assieme alle amiche.
A quella che il capo Frank (Miguel Sandoval) descrive come "un'eccellente investigatrice" bastano pochi secondi per rendersi conto dell'attrito tra la decorazione della cameretta, frutto di una madre che insegue - seppur con mezzi ridotti - il medesimo ideale di leziosità ricercato da Adora, e la reale natura della defunta. Da un vezzoso letto a baldacchino ornato di cuoricini pende un ragno di pezza, perfetta replica dell'animale che Natalie teneva in un barattolo e nutriva, a detta del padre, con formiche da lei stordite. Tutt'altro che un passatempo da principessina.
I ragazzini manipolati di ieri sono gli adulti manipolatori di oggi, ci suggerisce Sharp Objects nel disagevole confronto tra Camille e le sue ex compagne di scuola, ormai integralmente focalizzate sullo svolgere al meglio - per gli occhi del mondo - i propri ruoli di madri e mogli. In questo contesto grottesco, lo spirito ribelle della protagonista è quasi doloroso agli occhi dello spettatore, costretto a vederla vagare imbarazzata - e spaventata, come suggerisce la parola che ella immagina incisa sulla portiera della propria auto - in un palcoscenico popolato di ypokritai, come i Greci usavano definire gli attori.
La spontaneità di Camille urla a gran voce, tentando di liberarsi attraverso gesti volontari (gli appunti presi ossessivamente durante la funzione funebre di Natalie) e involontari (il vestito prestatole da Adora che si strappa nel mezzo del funerale). Ingabbiata in un abito che non è il suo, i capelli raccolti in una mezza coda come si conviene a una ragazza perbene - o a una bambola, che dir si voglia - Camille insegue la verità ed è disposta a rischiare pur di portarla alla luce, a prescindere dal successo che il suo articolo potrà avere.
Si indigna con discrezione, dunque, nello scoprire come la testimonianza del piccolo James Capisi (Dylan Schombing), che riferisce d'aver visto una "donna in bianco" rapire Natalie, sia stata rapidamente liquidata dalla polizia come fantasticheria di un bambino sfortunato; ancora una volta, la comunità adulta di Wind Gap si mantiene sorda alle parole dei propri figli, limitandosi a rinchiuderli in case-prigione per salvaguardarli da una minaccia che, stando a bizzarre ritualità come la distruzione delle rocce che circondavano la defunta Ann, identificano più con uno spirito del male che non con un reale psicopatico.
Sharp Objects prosegue così la sua indagine nella psiche di Camille, parallela a quella da lei condotta sugli omicidi di Ann e Natalie; lo fa appassionandoci alle molte fragilità di questa eroina spezzata, mostrandoci la tentazione che un semplice ago può rappresentare ai suoi occhi di ex (?) autolesionista, innamorandoci della sua scabrosa diffidenza nei confronti dell'evidentemente affascinato detective Richard Willis (Chris Messina) e sorprendendoci della sua agognata - seppur contenuta - esplosione di fronte ad Adora che tenta invano di confortare Amma in preda a una crisi di nervi.
Dinnanzi a quell'ennesima manifestazione dell'incapacità della madre-padrona, più preoccupata a venerare il ricordo della defunta Marian che non a tutelare le figlie superstiti, siamo con Camille nella sua impavida, forse irresponsabile decisione di inviare il proprio articolo menzionando la camera bipolare di Natalie Keene, specchio di un problema più esteso che l'ha coinvolta da vicino nella sua adolescenza di figlia "degenere". E, con lei, dalle nostre labbra prorompe un "fuck it" mai stato così liberatorio.