Sharp Objects 1x04, "Ripe": la recensione

Il quarto episodio di Sharp Objects getta un'inquietante luce su Adora, artefice primaria dei traumi irrisolti di Camille

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Il termine "ripe", come spesso accade nella lingua inglese, ha un significato piuttosto ampio; le sue accezioni spaziano da "pronto" a "maturo", passando per il meno neutro "guasto". È forse questo il senso che Adora (Patricia Clarkson) dà all'aggettivo quando lo riferisce alla figlia Camille (Amy Adams) nel quarto episodio di Sharp Objects, non a caso intitolato proprio Ripe. Come già avvenuto nelle precedenti puntate, anche stavolta la serie HBO tratta dal romanzo di Gillian Flynn trova la propria miglior sinossi nel nome impostole, rassegnato riferimento a personaggi e situazioni che vediamo guastati o, al meglio, sull'orlo della marcescenza morale e mentale.

Le indagini di Richard (Chris Messina) proseguono e s'intrecciano strettamente col suo nascente legame sentimentale con Camille; il loro "primo appuntamento" è una macabra via crucis tra i boschi, dove la giornalista introduce il detective all'oscuro passato di Wind Gap. Un passato che, tra suicidi giovanili e sessualità promiscua, toccò da vicino l'adolescente Camille, che rivediamo - col volto di Sophia Lillis - in brevi flashback riferiti al suo periodo da cheerleader quando, all'indomani della morte della sorellina Marian, offriva il suo corpo alle attenzioni dei giocatori della squadra di football, ignorata da una madre chiusa nella propria disperazione e noncurante del premuroso patrigno Alan (Henry Czerny) che, impacciato, tentava invano di confortare la ragazzina.

La squallida baracca da caccia, dove le defunte Ann e Natalie solevano incontrarsi e dove già Camille teenager trascorreva i suoi pomeriggi più "selvaggi", rappresenta in Ripe il simbolo più evidente dell'universo emotivo e sessuale della protagonista, rimasto allo stato larvale (la frettolosa masturbazione estorta al detective, alimentata da immagini ben poco sensuali, ne offre un ritratto vivido e disturbante); alle domande di Richard in merito ai rapporti da lei avuti durante l'adolescenza, la protagonista risponde rifiutando senza esitazione l'eventuale status di vittima. La scena dice più di quanto possa apparire a un primo sguardo e aggiunge ulteriore profondità a un personaggio, quello di Camille, tanto complesso da sfuggire le definizioni e avvicinarsi con inquietante precisione all'ineffabile essenza del reale.

Ecco quindi i suoi traumi, le sue ossessioni, il suo autolesionismo assumere i contorni di una ferita antica, inscritta nei lembi aperti dai giudizi taglienti di Adora: anche oggi, di fronte alla giovane e acuta donna che si staglia di fronte a lei, la madre non nasconde il proprio disprezzo. In quel "ripe" c'è tutta la bruttezza interiore di Adora, la sua colposa indifferenza velata di disgusto nei confronti di quella figlia diversa da lei in modo proporzionale rispetto al suo volontario distacco. Sebbene, come detto, il termine si presti a più interpretazioni, Sharp Objects non lascia dubbi sul fatto che la donna non stia elogiando la maturità della ragazza quanto puntando il dito contro la sua presunta lordura morale, esemplificata - secondo la sua distorta visione - dalle effusioni scambiate con Richard a pochi passi dalla soglia di casa.

Camille non è guasta, non ancora; seppur devastata, avanza viva e curiosa in un mondo di ombre in putrefazione, le anime nere di Wind Gap che trovano in Adora la loro rappresentante più impietosa; in contrasto con l'esibito dolore per la morte di Ann e Natalie, la donna non esita a minacciare - sebbene con le seducenti movenze che la contraddistinguono - lo sceriffo Vickery (Matt Craven) di poterlo sostituire senza difficoltà qualora impedisse la celebrazione del Cahoun Day. Come i ragni che compaiono ripetutamente nel corso di Ripe, Adora troneggia al centro della propria tela, gelidamente arroccata nella propria fortezza e sorda ai desideri di Alan, di Camille e - non ne dubitiamo - anche di Amma (Eliza Scanlen), prigionieri della sua rete sottile ma implacabile.

In questo senso, Ripe sembra sottolineare come Camille sia solo una tra le tante vittime di violenza psicologica a Wind Gap; seguiamo il suo accidentato percorso interiore, ma Sharp Objects ci suggerisce svariate storie analoghe. Storie di adolescenze mai fiorite, sconfinate subito in quel senso di guasto che aleggia su tutta la comunità; impossibile, in tal senso, non empatizzare con John Keene (Taylor John Smith), solerte nell'accudire la madre annichilita dalla perdita della figlia e inaspettato deus ex machina per il concitato finale della puntata, che vede Camille precipitarsi al capanno di caccia dove teme possa trovarsi Amma, potenziale vittima dell'ipotetico serial killer di Wind Gap.

È un momento di pura adrenalina, tanto più intenso se si considera il ritmo relativamente lento di Sharp Objects, che sembra talvolta arrancare con lo stesso passo incerto della propria protagonista; è, tuttavia, una scelta più che consapevole, che ci rammenta costantemente che ci troviamo di fronte non a un classico thriller. Il dilemma della serie non risiede, infatti, nell'identità dell'assassino (o assassina) di Natalie e Ann: il cuore pulsante del racconto è Camille e la sua crescita umana precocemente interrotta. Sharp Objects è anzitutto la sua storia, la parabola di una potenziale rinascita o il presagio di una definitiva putrescenza. Se verrà inghiottita dalla sua apatia alcolica, ripiombando nel vortice dell'autolesionismo, o fiorirà dalle ceneri di Wind Gap, potrà dircelo solo la seconda metà di stagione.

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