Sharknado 2, la recensione
Senza ritegno, senza motivazioni, senza spiegazioni. Il secondo Sharknado è tale quale al primo con più di tutto. È la Asylum e bisogna volergli bene proprio per questo
Dopo che Sharknado un anno fa ha fatto segnare il punto massimo di fama internazionale alla Asylum, società di produzione a costi inesistenti ma altissima furbizia in precedenza nota solo ad appassionati dei loro prodotti (un range che spazia da Megashark vs Crocosaurus a Transphormers), ora è arrivato l'ovvio sequel. Alla Asylum (sostenuta questa volta da SyFy) sfruttano commercialmente quel che hanno con un atteggiamento spietato che è molto più avanti di qualsiasi businessman dell'industria maggiore, un sequel è proprio il minimo che possano fare. Il massimo è farlo così, cioè smaccatamente identico al primo film, trascurando qualsiasi background di trama o connessione e solo aumentando la dimensione di tutto. Addirittura non c'è nemmeno una ragione per l'arrivo del tornado di squali, ad un certo punto, dopo 5 minuti dall'inizio del film semplicemente arriva un altro tornado di squali. Fine. Non occorrono altre spiegazioni nel mondo Asylum, quello in cui il risultato è l'unica cosa che conta.
Certo Sharknado 2 non ha la forza assurda del primo perchè lo ricalca pedissequamente ma è pure ridicolo aspettarsi così tanto da un film che si prende molto meno sul serio di così.
Ian Ziering (e potremmo fermarci qui, cioè stiamo parlando di Steve di Beverly Hills 902010!) che cadendo dal cielo cavalca uno squalo brandendo delle catene, l'arrivo di una motosega gigante offertagli con molto orgoglio dal sindaco di New York come arma per far fuori gli squali o la sola idea di scatenare un'esplosione di azoto liquido per annullare i tornado di squali (!!!), è tutto così apertamente autoironico che è davvero difficile volergli male e soffermarsi sulla realizzazione da serie Z. Specie ora che gli effetti speciali pessimi e la recitazione dozzinale (le scene peggiori, e quindi in un certo senso migliori, sono quelle di urla di dolore o grida di fomento, di un falso raro...) sono diventati un marchio di fabbrica.
Un film Asylum lo si riconosce da due inquadrature ed è più di quanto si possa dire di tanti altri lungometraggi più blasonati. Non è certo l'unico studio di produzione a realizzare prodotti a costi bassissimi e risultati infimi, tuttavia è forse il solo oggi ad avere la capacità di immaginare storie e scene che camminano sul crinale tra l'epico e il ridicolo. Come Ian Ziering che fa fuori squali volanti con una motosega.