Shaolin Cowboy: Chi fermerà il regno?, la recensione
Abbiamo recensito per voi Shaolin Cowboy: Chi fermerà il Regno, opera di Geof Darrow e Dave Stewart
Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.
La vendetta può segnare indelebilmente una persona, offuscandogli la mente e spingendola a compiere crimini efferati, ma perseguire e raggiungere la rivalsa è l’unico modo, in determinati casi, per trovare la pace. Il Re Granchio, ad esempio, sogna da anni il momento in cui riuscirà a uccidere l’uomo che ha cambiato per sempre la sua esistenza, e, come lui, anche Kong – enorme scrofa a capo della malavita di Palinsbush – necessita di mettere a tacere una vocina interiore eliminando chi ha massacrato sua madre. Il destino ha voluto che entrambi fossero sulle tracce di Shaolin Cowboy, la star del fumetto ultraviolento e iperdettagliato di Geof Darrow.
Il soggetto poggia su un’idea molto semplice, cosa che offre a Darrow la possibilità di imbastire un racconto incentrato prevalentemente sull’azione. Il ritmo incalzante degli eventi, il crescente pathos e l’alternanza di situazioni demenziali quanto brutali crea un mix esplosivo in grado di conquistare il lettore con il suo incidere travolgente.
Emblematico, in tal senso, è l’utilizzo degli animali parlanti: un crostaceo e un suino a capo di due organizzazioni criminali. Tale scelta, che a una prima lettura può far pensare a una svolta animalista, è in realtà un semplice pretesto per condurre la narrazione sul campo dell’assurdo. La ridondanza con la quale questi aspetti vengono riproposti, inoltre, tradisce la vera anima della miniserie: tutto perde di valore, non c’è critica che regga di fronte all'esigenza di realizzare intense sequenze panoramiche grondanti sangue.
Questo è il vero punto di forza dell’opera: l’arte di Darrow. Ogni aspetto della tavola è curato fino al minimo dettaglio, così da rendere superflua ogni didascalia o balloon e imprimere un ritmo elevato al racconto. I volti e le posture vengono trattati alla stregua dei particolari più piccoli della facciata di una palazzina fatiscente, a definire pagine di altissima qualità artistica, ulteriormente valorizzate dai colori di Dave Stewart.
Lo stile di Darrow è fortemente debitore della bande dessinée, e l’influenza di un maestro quale Jean “Moebius” Giraud – a cui è dedicato il volume – è evidente, ma non va a inficiare l’originalità dell’opera. Le soluzioni visive adottate, il taglio cinematografico delle inquadrature e lo storytelling ispirato vengono infatti rilette tramite una sensibilità e un gusto tipicamente americano, volto a esaltare soprattutto la componente più splatter, con sventramenti, amputazioni e decapitazioni.
L'ennesimo elettrizzante capitolo di un'epopea affascinante. Amitoufu!