Shadow Warrior 3, non svegliare il drago che dorme | Recensione
Shadow Warrior 3 diverte nella sua sanguinosa semplicità, con scontri in arene all'ultimo sangue e meccaniche platform all'acqua di rose
A sei anni dal secondo capitolo, Flying Wild Hog chiude la trilogia del ninja Lo Wang con Shadow Warrior 3, disponibile da fine febbraio su PC, Xbox One e PlayStation 4. Lo fa spingendo a tutta birra sulla pazzia del suo protagonista, con dialoghi sboccati sopra le righe e un senso di gore costante. Un gioco che è stato purtroppo anch'esso vittima dello schiacciasassi Elden Ring, che ha oscurato tutte le altre uscite di questi mesi. Ora che il fenomeno di From Software si è un po' calmato, possiamo tirare le somme sul titolo, che mischia ancora una volta lo sparatutto in prima persona al platform adrenalinico.
[caption id="attachment_231419" align="aligncenter" width="1280"] Il drago risvegliato nel finale del secondo capitolo, ha distrutto quasi ogni forma di vita del pianeta.[/caption]
Lo Wang si è ritirato dopo la sonora sconfitta subita dall'enorme drago che ha sterminato quasi tutta la vita sul pianeta. L'ex-ninja passa le sue giornate in mutande a piangere sugli amici persi in battaglia, mentre ricrea ogni singolo momento della sua sconfitta. Si è lasciato crescere i capelli, e si è lasciato un po' andare trascurando qualche allenamento. L'ombra di se stesso, almeno fino a quando Zilla, il suo ex datore di lavoro, gli svela che potrebbe esserci ancora una speranza per mettere a nanna il lucertolone. Da questa breve introduzione si dipaneranno i folli eventi per le circa dieci ore successive.
Taglia, spara e schiva
Shadow Warrior 3 cerca di riproporre quanto fatto da DOOM Eternal due anni fa. Dare nuova linfa allo sparatutto in prima persona, riempiendo le arene di mostri e ostacoli. Dando poi al giocatore la possibilità di ammazzarli in più modi per recuperare munizioni e/o punti vita. Come per l'ultimo gioco di idSoftware, anche nei panni di Lo Wang dovrete gestire l'arena e gli avversari, capendo su chi è meglio concentrare il fuoco, o quando raccogliere proiettili squarciando i nemici a fil di lama.
Le diverse armi di Lo Wang sono potenziabili (attraverso i collezionabili sparsi per le aree o con le missioni segrete) per garantire, grazie alla varietà delle stesse, lo scorrere dell'adrenalina e del sangue. Inoltre l'ex-ninja ha a disposizione un ulteriore barra che, una volta riempita, gli permetterà di eseguire delle finisher sanguinolente su tutti gli avversari. Proprio come la kill-cam di Doom Eternal.
I momenti nelle arene di Shadow Warrior 3 sono divertenti. Gli scontri sono stati in grado di entusiasmarmi, grazie alla già menzionata varietà delle possibilità di Lo Wang. Purtroppo però, a differenza di DOOM Eternal, resta tutto molto all'acqua di rose, senza andare in profondità ne con il numero di nemici, ne tanto meno con le possibilità strategiche. L'essere più semplice però non è per forza un difetto, e potrebbe soddisfare la voglia di qualcosa di simile proprio a Eternal.
[caption id="attachment_231421" align="aligncenter" width="1280"] Le otto ambientazioni hanno tutte in comune grossi richiami al Giappone feudale e alla religione buddhista[/caption]
Il lato in cui purtroppo la produzione di Flying Wild Hog inciampa invece è quello platform. Le sezioni tra un'arena e l'altra sono spesso lineari, con qualche collezionabile nascosto in qualche alcova. Si tratta di un paio di espedienti, che uniscono corsa sulle pareti a agganci per il rampino che si ripetono con ambientazioni diverse. Dopo le prime volte, per le ore successive ci sarà un continuo ripetersi di questi escamotage. Dal lato estetico potrebbero concedere momenti molto cinematografici ma, pad alla mano, si tratta solo di un respiro prima di gettarsi nell'arena successiva. Forse si poteva osare un po' di più e rendere il tutto più organico, un consiglio da tenere a mente magari per il prossimo capitolo.
L'altro grande difetto di Shadow Warrior 3 è fortunatamente correggibile con un futuro aggiornamento. A differenza dei precedenti capitoli non è possibile riaffrontare il gioco in Nuova Partita+ una volta raggiunti i titoli di coda. Questo significa che, se siete completisti, dovrete fare tutto prima di raggiungere la boss battle finale, e se avete perso un potenziamento in una delle arene precedenti, gli dovrete dire addio per sempre.
L'essenza di Shadow Warrior 3
Se c'è una cosa che mi ha colpito particolarmente di Shadow Warrior 3 però è proprio lo stile di Lo Wang. Una caratterizzazione molto vicina a quella del mercenario chiacchierone di casa Marvel, anche se a tratti ricorda il vestiario di un altro cacciatore di taglie sboccato. Sotto il punto di vista tecnico, il gioco è stato sviluppato per piattaforme di vecchia generazione e si ritrova in linea con le produzioni degli scorsi anni. Su Xbox Series X può sfruttare i caricamenti rapidi, che rendono le morti molto meno frustranti. Molto buono il doppiaggio, anche se solo in inglese, mentre purtroppo il gioco è sottotitolato in quasi ogni lingua tranne che in italiano. Una scelta che potrebbe tenere lontani alcuni giocatori, data anche la difficile comprensione di molte delle battute presenti.
Shadow Warrior 3 è, come già detto, una versione più accessibile di DOOM Eternal. Mischiando insieme meccaniche platform al cruento sparatutto in prima persona, il terzo capitolo della serie di Flying Wild Hog convince e va sul sicuro. Un protagonista sopra le righe, la classica storia di redenzione e tante, tante battute, sono gli ingredienti di un buon titolo che potrebbe divertirvi in questo desolato aprile.