Shadow of the Tomb Raider completa, maestosamente, la crescita e rinascita di Lara Croft – Recensione
La degna conclusione di una grande trilogia: la recensione di Shadow of the Tomb Raider
Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".
Così, dopo la “separazione”, dall’età adolescenziale, ma anche da una vita lontana dall’azione vera e propria; dopo la “transizione”, avvolta in un freddo siberiano che ha costretto la nostra ad affrontare minacce di ogni tipo; Shadow of the Tomb Raider si prende o si dovrebbe prendere la briga di “reintegrare” la giovane Lara nel nuovo gruppo sociale di competenza, quello degli eroi fatti e finiti, forgiati dal fuoco di mille battaglie e fortificati da perdite, lutti, sconfitte.
Il condizionale, tuttavia, è d’obbligo, visti i toni cupi con cui si apre l’avventura, che nulla hanno a che vedere con le fanfare e i festeggiamenti che la conclusione di un simile percorso, in teoria, dovrebbe mostrare, o quanto meno lasciare intravedere, sin dal prologo. Il titolo stesso del gioco, del resto, lascia presagire la discesa negli inferi dell’archeologa, costretta a rimediare ai propri errori, dopo aver innescato l’apocalisse Maya un po’ per evitare guai forse ancor più grandi, un po’ per ingordigia, per assecondare gli istinti da cercatrice di tesori che pur anima e tiene viva la sua fiamma.
Shadow of the Tomb Raider si mette immediatamente in luce per l’ispiratissima regia digitale che fa il paio con un art design sublime, ben supportato da un motore grafico capace di piccoli miracoli. Al netto di un modello poligonale della protagonista non sempre riprodotto al meglio, soprattutto nelle animazioni facciali dove il gap con Uncharted 4: Fine di un ladro si fa evidentissimo, l’avventura conduce lo spettatore in un viaggio spesso e volentieri mozzafiato tra villaggi folcloristici, pieni di vita e colori, e giungle impenetrabili, in cui la luce del sole filtra a fatica tra una vegetazione rigogliosa e quasi asfissiante. Gli effetti particellari fanno la loro figura, mentre la luce viene gestita meravigliosamente, soprattutto sulle superfici riflettenti o nelle situazioni in cui si creano forti contrasti con zone in penombra. Oltre alle cut-scene, sempre in grado di cogliere e restituire il giusto grado di pathos, anche durante le fasi di gioco la telecamera compie, e suggerisce, movimenti utili a cogliere la magnificenza delle ambientazioni che si esplorano. Soprattutto quando ci si ritrova sottoterra, si resta spesso ammaliati nell’ammirare l’architettura di certe strutture, la raffinatezza con cui alcune superfici sono state decorate.
In tutto questo, non bisogna dimenticarsi una trama che riesce nel compito prefissatosi, nonostante qualche lieve passaggio a vuoto nella parte centrale dell’avventura. C’è qualche battuta di troppo nei copioni degli attori virtuali coinvolti, laddove un silenzio, uno sguardo magari, sarebbe stato ben più efficace. Si tratta di un problema passeggero, fortunatamente, un piccolo scivolone degli sceneggiatori che, fortunatamente, sono comunque stati in grado di regalarci un finale convince, che chiude splendidamente una trilogia destinata a fare storia a sé, volta a creare un invalicabile prima, ed un ben definito dopo, da cui sviluppatori e produttore dovranno forzatamente distanziarsi in qualche modo.
[caption id="attachment_189422" align="aligncenter" width="1000"] Spesso e volentieri dovrete anche difendervi da alcuni animali feroci che vi scambieranno per il loro pranzo.[/caption]
Sì, perché il gameplay è fondamentalmente sempre lo stesso, ancorato a quelle meccaniche che sviluppano, quasi con uguale slancio, istanze action, stealth e survival. Quasi, perché in questo episodio la necessità di tenere un basso profilo è incentivata dalla maggior aggressività dei soldati nemici, armati di tutto punto e sempre pronti a circondarvi.
Il viaggio di Lara in Perù, come nei capitoli precedenti, è scandito da tre fasi che si alternano con scarsa soluzione di continuità. Esplorando si accumulano risorse utili per la sopravvivenza. Alcune piante fungono da medicinali, arbusti e penne sono l’ideale per creare frecce letali, le pelli degli animali servono per migliorare l’equipaggiamento. Il crafting, non a caso, è un’altra delle anime di Shadow of the Tomb Raider, non così impattante come potrebbe sembrare sulle prime, ma sicuramente fondamentale per avere vita più facile nella giungla. Al di là di alcuni potenziamenti obbligatori, potrete migliorare la potenza delle armi, oltre che creare diversi abiti che vi doneranno abilità particolari, come una maggior silenziosità o un recupero più rapido della salute perduta.
Il combattimento, infine, rappresenta l’ultima sezione che caratterizza il gameplay del gioco. Come già anticipato, lo scontro frontale è possibile, tanto più che la nostra potrà equipaggiarsi di un discreto numero di bocche di fuoco, ma non è raro trovarsi in difficoltà. Molto meglio agire nell’ombra, sfruttando un level design ben architettato, che oltre ad offrire numerosi spot in cui nascondersi, sviluppa una discreta verticalità.
Non bisogna poi dimenticarsi delle Tombe e delle Cripte, location che rappresentano quasi un gioco nel gioco, sia perché prima di tutto vanno scovate, esplorando attentamente ogni scenario, sia perché propongono diversi enigmi ambientali che vanno risolti per poter ottenere il ricco bottino nascosto al loro interno.
Shadow of the Tomb Raider non è certo un capitolo rivoluzionario, né tanto meno innovativo. Si limita a riproporre lo stesso gameplay dei predecessori, preoccupandosi di concludere un arco narrativo che, considerato nella sua totalità, appassiona, tiene col fiato sospeso, coinvolge. La nuova Lara è un personaggio attualissimo, sfaccettato come non mai, controverso. Questo ultimo capitolo arricchisce di ulteriori ombre, e luci, la figura dell’eroina, mostrandoci la sua maturazione finale, lasciandoci presagire che prossimamente avremo a che fare con una Tomb Raider finalmente matura, più sicura dei suoi mezzi, anche e soprattutto perché sopravvissuta a tante difficoltà ed errori.
[caption id="attachment_189417" align="aligncenter" width="1000"] Le fasi iniziali dell’avventura sono piuttosto esplicative per quanto concerne l’efficacia raggiunta dall’art design.[/caption]
Se il gameplay offre la classica scorpacciata di salti sovrannaturali, incredibili arrampicate, sparatorie, assassini nell’ombra e tanta, tantissima esplorazione, art design e motore grafico dipingono scenari mozzafiato che vi costringeranno, spesso e volentieri, ad una lunga, attenta ed appassionata visione del panorama.
Shadow of the Tomb Raider, del resto, funziona, e alla grande, proprio giudicandolo nel suo complesso. Paradossalmente, più si è fan, più si conoscono i capitoli precedenti, più si apprezza il viaggio, perché ennesima tappa di un viaggio articolato e ben sviluppato. Le meccaniche ludiche saranno sempre quelle e non manca qualche piccola sbavatura, come le già citate animazioni facciali poco curate, ma, mentre si esplora il Perù e si scava nell’ennesimo mistero al comando dell’affascinante Lara, non c’è proprio modo di lamentarsi.