Sex Education (stagione 4), la recensione

Sex Education saluta i suoi fan con una stagione 4 dispersiva e, tuttavia, non del tutto insoddisfacente, chiudendo quasi tutte le storie

Condividi

La recensione della stagione 4, l'ultima, di Sex Education, disponibile su Netflix

Sex Education saluta i suoi fan con una stagione 4 piena di alti e bassi che, pur non lasciando insoddisfatti, suscita la sensazione che non ci fosse una direzione chiara per portare le storie di tutti i personaggi alla loro conclusione.
Il cambiamento di location, il liceo Moordale ha chiuso i battenti al termine del capitolo precedente, l'allontanamento di alcuni protagonisti e l'introduzione di nuovi studenti e non solo, rendono infatti l'insieme fin troppo caotico e dispersivo, scivolando inoltre in eccessi che non aggiungono nulla alla storia.

La situazione dei protagonisti

Otis (Asa Butterfield), Eric (Ncuti Gatwa) e Ruby (Mimi Keene) si sono trasferiti al Cavendish College, una realtà scolastica dall'approccio particolarmente positivo e all'insegna dell'inclusività.
Il protagonista spera di riprendere la sua attività di terapista, ma ad ostacolarlo c'è "O" (Thaddea Graham), che da tempo consiglia i suoi studenti e sa inoltre gestire meglio la propria immagine sui social. Tra i due giovani prende quindi il via uno scontro che proseguirà per tutta la stagione e fa emergere insicurezze, problemi e dubbi di entrambi, oltre a dei segreti che svelano dei tasselli inediti del passato di Ruby.

Eric, allontanandosi un po' dal suo amico, stringe amicizia con Abbi (Anthony Lexa) e il suo fidanzato trans Roman (Felix Mufti), e Aisha (Alexandra James), mentre cerca di trovare un equilibrio tra l'educazione cristiana della sua famiglia e il suo stile di vita.

Maeve (Emma Mackey), invece, è negli Stati Uniti per provare ad alimentare il suo sogno di diventare una scrittrice alla Wallace University. La giovane cerca di avere una relazione a distanza con Otis, ma le difficoltà non arriveranno solo dalle questioni sentimentali.

Adam (Connor Swindells), nel frattempo, ha abbandonato gli studi e ha iniziato a lavorare in un maneggio, provando inoltre a riallacciare i rapporti con il padre.
Aimee (Aimee Lou Wood) cerca di superare i propri traumi con l'arte, attività che la fa inoltre avvicinare a Isaac (George Robinson).
Nella già intricata rete della quarta stagione ci sono poi problemi di salute per Jackson (Kedar Williams-Stirling) che lo spingono a porsi delle domande personali, un rapporto "tossico" che rischia di rovinare la serenità di Viv (Chinenye Ezeudu), Cal (Dua Saleh) alle prese con la transizione e l'entrata in scena di Joanna (Thaddea Graham), la sorella di Jean (Gillian Anderson), arrivata per aiutare quando la terapista si ritrova in difficoltà con la neonata e il desiderio di tornare a lavorare.

Una stagione dispersiva

Sex Education propone una quarta stagione in cui ci sono troppe tematiche in ballo, non solo legate alla sessualità, e lo spazio limitato a disposizione rende impossibile approfondirle tutte in modo adeguato. Pur avendo buone intenzioni, il modo in cui si ritraggono i problemi dei personaggi non principali appare in più momenti superficiale e persino retorico.
Le storie dei personaggi ormai conosciuti e amati dagli spettatori sono invece quelle che funzionano meglio e permettono al finale di non essere una delusione.
La storia di Maeve riesce a emozionare, quella di Eric a far riflettere sul ruolo della religione tra i giovani LGBTQ+, il passato di Ruby proietta una nuova luce sulla mean queen che è diventata una beniamina dei fan, Otis non si smentisce e rimane un teenager che lotta per trovare la sua sicurezza, senza poi dimenticare l'evoluzione di Aimee che la porta a trovare un modo per elaborare i suoi traumi e iniziare un nuovo capitolo della sua vità.
Gillian Anderson, come sempre, meriterebbe più spazio per la sua capacità di tratteggiare il ritratto di una donna e madre che lotta per non rinunciare a nessun lato della sua vita, e dispiace che la figura della sorella e le rivelazioni legate al loro passato vengano costruite con poca cura.
Nessuna delle new entry (non si può inoltre non segnalare la deludente presenza di Dan Levy che appare in poche scene e risulta quasi irrilevante), invece, lascia il segno con questi ultimi otto episodi, a loro volta poco equilibrati tra la prima e la seconda metà della stagione, in cui si concentrano la maggior parte degli eventi significativi.

La serie creata da Laurie Nunn esce di scena forse non in modo memorabile, tuttavia fino all'ultimo ha il merito di affrontare tematiche importanti per i giovani contemporanei senza filtri e con la giusta dose di serietà, ironia e un po' di leggerezza.
Un capitolo finale più focalizzato su chi ha reso lo show così popolare avrebbe forse coinvolto maggiormente a livello emotivo i fan, tuttavia il saluto a Otis e ai suoi amici avviene senza particolari rimpianti o lasciare troppi elementi in sospeso.

Continua a leggere su BadTaste