Sex Appeal, la recensione

Cinema educativo sotto forma di commedia sentimentale, rappresentazione della ricerca del piacere in una dimensione prettamente femminile

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Sex Appeal, in uscita l'8 aprile su Disney+

Che il cinema di Wes Anderson abbia inciso anche più di quanto gli incassi dei suoi film non dicano è testimoniato dal fiorire di personaggi vicini ai suoi anche in film completamente diversi. Ad esempio Avery, protagonista di Sex Appeal, sembra una versione moderata del protagonista di Rushmore, studentessa modello palesemente più adulta dei suoi compagni, interessata a tutto ciò a cui non sono interessati di solito gli studenti delle high school al cinema. A lei però accade qualcosa che non capita mai nei film di Wes Anderson, sarà costretta dagli eventi e dall’intreccio ad interessarsi al sesso, che invece in quel momento occupava solo un angolo marginale dei suoi obiettivi. Focalizzata su voti, carriera, ammissioni ai college e futuro radioso non si era mai curata della sua prima volta o del ballo di fine anno, invece ora deve. E anche in fretta.

È il pretesto per costruire una dinamica molto consueta nella commedia sentimentale, cioè la persona che cerca di elencare, stilare, utilizzare o apprendere le regole fisse dell’amore e del sesso, finendo poi per scoprire che regole non ci sono ma anzi, che il caos e l’imprevedibilità sono quello che davvero conta. La cornice però questa volta è educational. Sex Appeal è un film originale di Hulu che da noi arriva su Disney+ in cui si parla tantissimo di sesso e anche con una certa dovizia di particolari (evitando sempre il volgare e rimanendo nelle metafore e allegorie da conversazione madre/figlia) per dare una visione dei rapporti sessuali a beneficio di un pubblico femminile. Il sesso non come lo intendono i maschi (che è la visione dominante nel cinema adolescenziale) ma raccontato da un altro punto di vista.

Ci sono diversi rapporti di diversa complessità e intensità, diverse basi toccate e sempre con quadretti allegorici, pareti che si aprono su vasche da bagno per rappresentare il piacere, immersioni per rappresentare le azioni, viaggi all’interno di tubature colorate per rappresentare l’esplorazione del corpo dell’altro, porte che nascondono un intenso vapore (e acqua che fuoriesce) per rappresentare la lubrificazione e via dicendo. Questo non oscura mai la missione più canonica della commedia sentimentale, Avery infatti ha uno storico amico con cui sperimenta ma a cui non è legata sentimentalmente che chiaramente finirà per creare dei problemi.

Talia Osteen tiene tutto in grande equilibrio, fa funzionare molto le complicate scene allegoriche e mostra una mano eccezionale nel misurare ritmo, battute e recitazione degli attori. Fa insomma di tutto per rendere ordinario e scorrevole un film che invece presenta molte asperità e diversità rispetto al proprio canone. Certo sarà poi la missione in sé ad appesantire il racconto con il consueto ritratto eccessivamente indulgente delle figure femminili che invece di creare personaggi interessanti, finisce per dipingere figure eccessivamente idealizzate e lontane. Ma non ci sono dubbi che Sex Appeal sia il miglior film didattico sul sesso da decenni a questa parte.

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