Sex and the City 2 - La recensione

Le quattro amiche di New York si barcamenano tra matrimoni, carriere, ex compagni e lussuosi viaggi ad Abu Dhabi. Dimenticate sceneggiatura, regia, interpretazioni e montaggio, qui siamo nel campo del porno-lusso...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

Titolo Sex and the City 2
RegiaMichael Patrick KingCast
Sarah Jessica Parker, Kristin Davis, Cynthia Nixon, Kim Cattrall, Chris Noth, David Eigenberg
uscita28 maggio 2010La scheda del film

Sarebbe veramente difficile dire che mi aspettassi grandi cose da Sex and the City 2. Ricapitoliamo le puntate precedenti, per chi magari non si è letto la mia recensione del primo film. Ho sempre apprezzato la serie originale, senza considerarla mai un capolavoro, ma comunque vedendo e rivedendo i vari episodi con piacere. Ma all'arrivo della pellicola, ho trovato qualcosa di diverso, con molto meno umorismo, tanta serietà e voglia di trattare (male, purtroppo) tematiche profonde a tutti i costi.

Inoltre, se già nel telefilm si potevano avere dei dubbi sulla vita di queste quattro donne, la pellicola è diventata un imbarazzante inno al consumismo senza nessun freno, utilissima magari per le aziende che hanno fatto product placement, molto meno per chi vorrebbe godersi un film. Di sicuro, trailer e clip di questo secondo episodio non mi facevano ben sperare.

Sex and the City 2 è un film strano. In teoria dovrebbe essere una mega spot per le aziende e i luoghi coinvolti (Abu Dhabi in primis). In realtà, di marchi veri e propri mostrati platealmente ce ne saranno un paio, mentre per quanto riguarda il Medio Oriente dubito che con una storia del genere si possa ottenere una sovvenzione (anzi, le perplessità che avevano le autorità e che hanno portato le riprese in Marocco sono assolutamente comprensibili).

No, in realtà il problema è che questo è un inno generale al lusso e alla ricchezza senza limiti. Certo, già nel telefilm l'amore per le cose belle e costose emergeva platealmente, ma almeno c'era ironia in quello che si vedeva. Qui invece è impossibile trovare un'inquadratura in cui le quattro protagoniste non siano circondate da denaro, in qualsiasi forma (vestiti, arredamento, macchine, servitù, piscine e quant'altro). Insomma, se Michael Bay fosse gay probabilmente farebbe questo tipo di film. O meglio, immaginate un film porno con la ricchezza al posto del sesso, in cui quisquilie come trama, montaggio e sviluppi narrativi siano solo un pretesto per arrivare a certi risultati 'plateali'.

Già dall'inizio scintillante (purtroppo da intendere in senso letterale e non metaforico), così come dalla fastidiosa voce off di Carrie (che poi per fortuna è bloccata nel corso della pellicola) si capisce a cosa andiamo incontro. E il primo, grande evento (un matrimonio gay che definire kitsch è eufemistico) ci fa capire subito due cose. Che lo sfarzo presentato non serve tanto agli eventi in sé, ma al film per darsi una sostanza che non ha. E che il regista Michael Patrick King non sembra proprio avere il controllo della situazione e soprattutto rendersi conto di quello che fa. Vuoi mettere Liza Minnelli nella pellicola per ragioni di promozione? Ok, ma farla ballare con delle donne molto più giovani e 'regalarle' certi primi piani impietosi non è una grandissima idea. E il bello è che questa prima parte è senza dubbio la migliore della pellicola.

Per il resto, tutto procede prevedibile come un treno, se non per delle deragliate poco comprensibili. Da una parte, Samantha ha una gran voglia di sesso e fa di tutto per renderlo evidente (ma no? Sono scioccato), mentre Charlotte è stressata per i suoi bambini. Più difficile capire come Miranda possa fare certe scelte professionali in maniera così repentina, mentre l'enigma maggiore risulta Carrie.

E' francamente difficile spacciare la sua vita come noiosa e banale, ma lei ci prova disperatamente, grazie anche a una prova di Sarah Jessica Parker che lascia perplessi. Non certo aiutata da una sceneggiatura che le fa fare e dire cose strampalate, è ormai difficile assistere alle pose da ultra diva della Parker e al suo modo di fare incostante senza sperare che il suo personaggio esca dalla pellicola.

Non mancano, ovviamente, le scene culto, in senso negativo s'intende. E' dura in effetti vedere le quattro amicone sulle sabbie del deserto vestite come per andare a una sfilata di moda. O certi momenti in cui Samantha vorrebbe essere un'icona della liberazione sessuale, ma che risultano solo volgari e prevedibili. Il tutto con un senso del montaggio e del ritmo (inquadrature che si dilungano inutilmente, personaggi che citano pari pari dialoghi avuti in precedenza) che rendono le due ore e mezzo di durata incredibili e assolutamente non giustificate.

Ho sempre problemi a capire perché le donne (almeno il 98-99% della popolazione che non vive nel lusso senza faticare) si possano identificare con un prodotto del genere, in cui quando si vuole punire una persona le si fa un regalo. Ma forse è proprio questo il punto: una fantasia completamente irreale, che permette a chi non si sente realizzata di poter sognare a occhi aperti. Se è così, almeno un senso questo film ce l'ha...

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