Servant: la recensione dei primi tre episodi
L'esordio di Servant, la serie prodotta da M. Night Shyamalan per Apple TV+, inquieta e coinvolge facendo leva su alcuni topos della narrativa orrifica
Sebbene il nome di Shyamalan sia stato usato come magnete per l'attenzione del pubblico, Servant è stata in realtà creata e scritta nella sua interezza da Tony Basgallop (Hotel Babylon). La storia ruota attorno a Dorothy (Lauren Ambrose) e Sean (Toby Kebbell), una ricca coppia di Filadelfia che ci vengono inizialmente presentati come freschi genitori. Lei è una popolare giornalista televisiva, lui un rispettato consulente culinario che collabora con i migliori ristoranti. La coppia vive in una casa elegante ma, a tratti, inaspettatamente cigolante.
Nell'ancora scarno catalogo di Apple TV+, Servant è indubbiamente il titolo più oscuro e angosciante, che pone continuamente quesiti allo spettatore: la vicenda è filtrata da un punto di vista distorto e soggetto ad allucinazioni? Sono in corso cose soprannaturali in casa Turner? Siamo di fronte a qualche fenomeno religioso o miracoloso? O abbiamo a che fare con qualcosa di più razionale, magari a una perfida e lucida pianificazione? È ancora presto per tirare le somme, ma tutte le ipotesi finora elencate sembrano avere appigli più o meno validi nelle tre puntate a oggi disponibili sulla piattaforma.
Ciò in cui Servant sembra, almeno per ora, meno efficace è passare al livello successivo di inquietudine, che le consentirebbe di ascendere dallo status di efficace esercizio stilistico a qualcosa di più profondo e segnante. Per adesso, possiamo certo definirla inquietante, ma forse non particolarmente spaventosa. La qualità degli ingredienti di base - dal citato cast al nitore delle inquadrature, tutte perfettamente studiate e intrinsecamente narrative - ci fa comunque ben sperare per il futuro, e la curiosità di vedere come i topos dell'horror verranno declinati nel prosieguo della serie è più che mai viva.