Servant 3x08 “ciambella”: la recensione
Servant sta rilasciando un grande episodio dietro l'altro, anche se per dare un senso al tutto bisognerà attendere il gran finale
In Servant c’è una sorta di coazione a ripetere. Un continuo ritorno dell’identico che impedisce alla famiglia Turner di emanciparsi. Per quanto loro cerchino di superare l’evento traumatico della morte del figlio, addirittura resuscitandolo, la contingenza (o forse Leanne) li costringe a ricordarsi sempre di quello che e successo.
Cosa sta succedendo veramente in quella casa?
Di preciso che cosa stanno vivendo i Turner? Ma soprattutto dove avvengono queste cose? Sono in una sacca temporale, in un'illusione perenne? Ancora una volta, come accade in ogni stagione, l’esterno cerca di entrare nella casa nella persona di Isabelle Carrick. Le persone si interessano della vita familiare, quella intima e privata che però deve restare nascosta. Solo che tutto ciò che è fuori da quelle mura sembra scollegato dal resto, come se andasse avanti in parallelo senza mai riuscire a incrociarsi veramente con i drammatici fatti che hanno dato inizio alla serie. Quando ci tenta, l'esito è infausto, come abbiamo visto.
La sempre più brava Nell Tiger Free dà alla sua Leanne un’aura di cattiveria assoluta che non si vedeva da tempo, una presenza inquietante e di troppo tra le mura domestiche. L’influsso che ha sulla famiglia, in particolare nella scena assurda di ipnosi verso Julian, porta a pensare che siano tutti vittime di un’illusione. Non si è mai veramente fugato il dubbio che stiano tutti venerando un bambolotto credendolo bambino. Perché tra le tante ipotesi convincenti c’è proprio questa: quella di una grande finzione, un inganno della mente, che colpisce solo la cerchia ristretta di persone. Tutti gli alti, condiscendenti, vedono la reborn e fanno finta di niente.
Servant: una stagione in continua crescita sui finali
Come ci ha abituati da un po' di episodi a questa parte Servant lascia i pezzi forti sul finale. Anche questo ottavo episodio non è da meno con una chiusura potentissima. L’orrore passa attraverso i media, gli spettatori inchiodati (noi e loro) alla TV assistono allo scoppio della violenza in diretta. Da dove viene generato quel male? O meglio, da chi?
Le registrazioni video sono l’unica prova di attendibilità. Le usa Dorothy per cercare di ricostruire quel buco di memoria che ha del periodo post-partum. Isabelle fruga tra le cassette archiviate con precisione dai Turner. Non capisce il senso di quell’ossessione alla memoria. Registrare la vita e riviverla, rivederla in televisione, è un atto di scoperta fuori dall'illusione. Tutta la costruzione cinematografica è l’unico elemento che permette l’accesso ad una verità impressa sulla pellicola, ma non nella memoria.
Quando la percezione dell’esistente si rivela così soggettiva, c’è bisogno di un occhio diverso, quello della cinepresa, per fermare le immagini, rivederle, analizzarle, e scoprire i ricordi sbiaditi. È un processo alla Blow-Up di Antonioni, con l’aggiunta però che la morte non viene fermata solo su un fotogramma. Le news la mandano in diretta, senza filtri, durissima. Entra dalla televisione che ribadisce ancora una volta la sua valenza di finestra. Uno specchio magico che fa uscire dall’abitazione pur senza muoversi dal divano.
Per i protagonisti di Servant avere rapporti con l’esterno solo attraverso la mediazione di uno schermo è l’unica socialità permessa. Chiunque entri fisicamente nel loro spazio viene respinto dal caso, o dalla magia, come un parassita con un insetticida. Ma a furia di disinfestare, pulire, ricostruire e nascondere sia i Turner che le fondamenta fatiscenti stanno per cedere.