Servant 3x01: la recensione
In ogni stagione di Servant M. Night Shyamalan imposta uno stile diverso. Nella terza la deformazione del primo piano si fa orrore e tensione
In ogni primo episodio delle tre stagioni di Servant, M. Night Shyamalan imposta uno stile di regia diverso, come se tra un anno e l’altro ci fosse un’evoluzione nel linguaggio visivo. Le vicende dei membri della famiglia Turner, distrutti dalla morte prematura del loro neonato e in terapia per affrontare la perdita tramite bambole reborn, era un fatto di carne. I primi 10 episodi abbondavano di primi piani sul cibo preparato, scricchiolante, masticato, impiantato con eleganza o gettato con sprezzo. Così, nel progressivo svelarsi del mistero, c’è sempre stata una presenza tattile di sofferenza. Il dolore mentale della madre che piange il figlio era rappresentato con un lacerarsi (metaforico) di carni non sue.
La rivalità tra Dorothy e Leanne aveva preso il sopravvento sulla tensione, indebolendo un po' gli episodi centrali: Il rischio di cadere nell'assurdo e nell'esagerato era dietro l'angolo. Nella seconda stagione poco ci è mancato. M. Night Shyamalan e Tony Basgallop sono riusciti però a rilanciare continuamente in là i misteri, a cambiare lunghezza focale sugli eventi evitando un prematuro appassimento.
Con il primo episodio della terza stagione è evidente il pensiero che ha guidato i precedenti 10 episodi: tutta la seconda è stata impostata per portare questa nel punto più favorevole possibile. L’inizio è folgorante; una dichiarazione d’intenti chiarissima e promettente.
Per prima cosa il tentativo di uscire dalla casa di Leanne viene brutalmente represso. Non c’è Servant senza quelle precise quattro mura. Come sempre e il mondo esterno entra solo attraverso i dispositivi elettronici, le video chiamate e i servizi del telegiornale. Quell’edificio antico, ma arredato con uno stile moderno e lussuoso, è una prigione dorata. Così piena di comfort che appagano il palato (i deliziosi vini, il cibo “stellato”) e la vista (gli equilibri nei colori, i quadri invadenti) che all’interno si può deperire senza accorgersene.
Questa volta il nuovo stile ci porta vicini. La scelta del linguaggio è chiara: il primo piano è sempre di poco più vicino rispetto al giusto, creando deformazioni ai volti e piccoli giochi di luci e ombre che fanno rabbrividire. C’è sempre qualcosa di non umano in quelle facce, una piccola morte sempre nei loro occhi. Dietro, fuori campo o fuori fuoco, avviene l’orrore. Sono due piani, il molto vicino e il molto lontano, che ancora non sappiamo come si tradurranno negli eventi concreti, ma che permettono un eccellente lavoro sulla tensione.
Un inizio molto più horror dei precedenti. Cita l'amato Hitchcock con gli Uccelli, di cui Shyamalan è fan (colpa di questa passione l'insuccesso di The Happening). Tiene altissimo il senso di pericolo. L'edificio non è mai apparso così stretto, come a schiacciare i suoi abitanti i quali sentono un irrefrenabile impulso a uscire.
Il primo episodio della terza stagione di Servant è incredibile, e speriamo che sia così ancora a lungo. Perché basta uno sguardo dalla finestra a stimolare interrogativi sul suo significato. Allude ed è subliminale, cerca di stare sul filo di un realismo magico, dove tutto è razionale e l'irrazionale è così integrato da sembrare normale. E soprattutto fa paura. Tiene incollati sulla sedia. Una cosa piuttosto rara da vedere in TV, soprattutto con una quantità di violenza così bassa e suggerita da renderlo accessibile a un pubblico vastissimo. Un episodio vincente nella misura con cui ha giocato le sue carte. Speriamo non sia un solo fuoco d'artificio perché la promessa è di attendere tanti altri brividi.