Senza fine, la recensione

In Senza fine non si sa cosa sia vero o quanto lo sia, cosa si volesse trasmettere o in che modo, eppure questa incertezza ha un’atmosfera talmente decisa da risultare, paradossalmente, appagante.

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La recensione di Senza fine,  film distribuito al cinema da I Wonder Pictures dal 24 febbraio

È decisamente sui generis Senza fine: senza un finale ma anche senza un inizio e, nello svolgersi, senza una direzione. Questo documentario di Elisa Fuksas su Ornella Vanoni fa della suggestione la sua cifra poetica e tra richiami a sirene - il mondo marino in cui la Vanoni si rispecchia metaforicamente e si immerge fisicamente, attraverso una piscina - e un passato evocato e mai raccontato, il film diventa un’operazione sperimentale che vive delle sue mancanze, di ciò che non c’è, in un modo talmente sconclusionato da diventare, però, quasi affascinante.

Se c’è infatti qualcosa che caratterizza in modo chiaro il personaggio raccontato è il suo carattere sfuggente, attraente e misterioso, e proprio questo Senza fine lo riflette nella sua stessa forma. Ornella Vanoni, ripresa durante la sua permanenza in una clinica termale ignota, fiabesca nella sua surrealtà, è al centro di un documentario dichiaratamente fallito, mancato, dove Elisa Fuksas diventa essa stessa un personaggio. Palesandosi come intervistatrice in scena, come amica e confidente, ma anche interpretando il ruolo della regista disperata che non riesce a portare a termine il film, Fuksas fa diventare questo fallimento parte della narrazione e alterna i stressanti behind the scenes del set (la Vanoni che non risponde, che è stanca, che non ha più voglia di girare) ai momenti di documentario puro (quello che "sarebbe dovuto essere") e in cui la Vanoni racconta di sé per frammenti isolati, immagini, piccoli aneddoti.

Ecco, proprio questo disordine sembra essere però decisamente più eloquente di un discorso potenzialmente razionale e pulito. Chissà quanto questo risultato fosse intenzionale, fatto sta che Senza fine non racconta la vita della Vanoni ma ne cattura lo spirito, creando attorno alla sua figura un alone di mistero e di curiosità tanto affascinante perché taciuto. Inquadrata in immagini sempre studiatissime e posate che giocano soprattutto con l'uso della luce - tra riflessi e zone d'ombra -, Ornella Vanoni a 87 anni emana una sicurezza talmente grande da essere intimidatoria, un controllo di sé totale e una volontà di ferro; proprio per questo non interpreta mai il ruolo della diva decaduta e, per quanto il film inizi e si concluda con un’immersione alla Sunset Boulevard, quel senso di declino di un'icona qui è, come dice il titolo, decisamente fuori discussione.

Attorno alla Vanoni appaiono tre figure di musicisti: Paolo Fresu, Vinicio Capossela e Samuele Bersani, i quali intrattengono con lei incontri brevi, senza parole o dai discorsi che sembrano riguardare loro soli, senza nessuna intenzione di coinvolgere chi guarda. Sempre accompagnata dal suo cane Ondina, un barboncino che come lei ha la passione per l’acqua, la Vanoni fluttua tra vasche e piscine attuando una progressiva trasformazione in sirena che la Fuksas realizza fingendo l’apparizione sul suo corpo di branchie argentee.

Ecco che ancora il surreale, la finzione, si mescola con l’apparenza di realtà, con l’illusione di fedeltà che la forma documentaria promette: in Senza fine non si sa cosa sia vero o quanto lo sia, cosa si volesse trasmettere o in che modo, eppure questa incertezza ha un’atmosfera talmente decisa da risultare, paradossalmente, appagante.

Siete d’accordo con la nostra recensione di Senza fine? Scrivetelo nei commenti!

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