Sense8 (seconda stagione): la recensione

Seconda stagione di Sense8: più mitologia e azione, ma rimane il grido delle Wachowski contro i pregiudizi e verso un'umanità più connessa

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Spoiler Alert
Al confine tra i generi, corteggiando la fantascienza e accarezzando l'action, esiste nei momenti migliori di Sense8 questa volontà di trascendere la pura necessità del racconto per fermarsi ad ascoltare il "respiro del mondo". Ed è in quei momenti di connessione profonda tra i protagonisti, con un senso della vicenda corale e globale, che la serie delle sorelle Wachowski trova la sua identità più pura. Riveste concetti di comunità e condivisione – di per sé ammantati di una certa vaghezza – di una stringente necessità, quasi il dovere da parte dell'umanità tutta di ritrovarsi in quell'unico respiro, non annullando le proprie differenze per evitare conflitti, ma esprimendo al meglio la propria unicità per creare legami.

Sense8 lo aveva fatto nella prima stagione, aveva ribadito questo concetto nello speciale natalizio, e lo fa ancora oggi, nella seconda stagione giunta su Netflix a quasi due anni dalla prima. Ritornano quindi ancora una volta le vite (la vita) di Will, Sun, Riley, Nomi, Kala, Wolfgang, Lito e Capheus. Sono sempre loro i membri del cluster, ritrovatisi per caso a vivere l'uno la vita degli altri, ma capaci di aiutarsi e volersi bene per scelta, nonostante – oppure proprio per questo – le loro differenze linguistische, etniche, caratteriali. Il loro diverso orientamento sessuale, i loro trascorsi, le possibilità del microcosmo in cui sono maturati come individui non sono muri, ma ponti, connessioni tra di loro.

La seconda stagione prende un diverso slancio rispetto alla prima. Pur non rinunciando alle tematiche di base, la costruzione della mitologia dei cluster e dei sensate sparsi per il mondo assume maggiore rilievo. Scopriamo che esistono più cluster, abbiamo un assaggio di quanto sia pervasiva l'organizzazione di Whispers, vediamo interagire personaggi appartenenti a gruppi diversi. Si rinvigorisce anche la terminologia dello show, anche grazie all'idea delle variazioni genetiche che causano l'appartenenza al cluster. Quindi una nuova definizione, o etichetta, quella dell'Homo Sensorium, contro la quale si scaglia la BPO (Biologic Preservation Organization) che vorrebbe fermare i sensate.

Allora i riferimenti e, ancora, legami, emergono con naturalezza. Il coinvolgimento di Straczynski lascia intravedere all'orizzonte bagliori di un mondo supereroistico che Sense8 non abbraccia, ma da cui può prendere qualcosa. Nello specifico, l'Homo Sensorium come mutante, possibilità dell'evoluzione, a sua volta grande metafora per parlare di diversità, pregiudizi ed etichette. Quelle stesse etichette di cui si dirà nel primo episodio "labels are the opposite of understanding". Con un bel gioco di riflessi, fantascienza e realtà si mischiano, e il marchio genetico che renderebbe diversi i sensate, e quindi da perseguitare, è lo stesso che li tormenta nella vita di tutti i giorni per altri canali.

Sense8 Stagione 2

In particolare il riferimento è a Lito, che nella stagione farà outing e affronterà le conseguenze di ciò sulla sua carriera, ma anche a Nomi, che dovrà farsi forza per partecipare al matrimonio della sorella e confrontarsi con lo sguardo accusatore dei suoi genitori. E per certi versi anche lo stesso Capheus, di umili origini, o Sun e Kala, condizionate tra le altre cose da un sistema maschilista. Quanto agli altri, Will e Riley rimangono condizionati dagli eventi del finale della prima stagione, con i ruoli quasi ribaltati, mentre Wolfgang è protagonista di una storyline che assume sempre più importanza nel corso della stagione.

In generale l'approccio alla scrittura è apparso meno viscerale e liberatorio, tanto nelle scene di sesso quanto nelle scene corali. Comunque non mancano i momenti grotteschi, e vogliamo credere consapevolmente sopra le righe, che alleggeriscono il tutto come la scena del matrimonio della sorella di Nomi, o l'inseguimento spericolato di Sun contro suo fratello ("my sister is Terminator"). Volendo fare un paragone con Cloud Atlas, sono piccoli momenti che hanno lo stesso valore della storyline di Cavendish. Questa è la visione delle Wachowski (anche se questa stagione è stata curata da Lana), ma è anche un percorso di vita che le ha viste porsi in prima linea. Il filtro della fantascienza allora, sia quella di Matrix, di Cloud Atlas, o dello stesso Sense8, diventa la parabola necessaria, la storia sopra le righe che cattura e istruisce.

E basta un esempio semplice per rendersi conto della transizione dai quasi esordi a oggi. In Matrix l'agente Smith prendeva possesso dei corpi altrui per i propri scopi, un gesto violento e brutale. E quel meccanismo veniva reiterato e ampliato nei sequel, dallo scontro cult con i molti agenti in Reloaded fino all'apocalittica sequenza finale di Revolution, in cui una cupa e terribile uniformità era la regola e l'incubo era completo. Dall'uno ai molti.

Sense8 applica la stessa dinamica, ma ne ribalta del tutto il senso. La storia gode della gioia di un racconto in cui la forza è nel gruppo e nelle qualità individuali che prima o dopo guidano tutti gli altri. Non c'è più possesso del corpo, solo condivisione. Ancora una volta, realtà e fantascienza si richiamano, e Sense8 non potrebbe essere più chiaro sulle proprie tematiche nel momento in cui impone le differenze e le unicità come unico strumento per raggiungere la salvezza. Dai molti all'uno, inteso come umanità, con le sue specificità e le sue differenze, un corpo unico in cammino verso il futuro.

Riflessioni sparse

  • Si è fatto un grande lavoro sulla caratterizzazione dei personaggi. In nessun momento siamo con un personaggio e vorremmo essere altrove.

  • Il momento What's Up, praticamente la scena cult della prima stagione, ritorna sotto una nuova veste.

  • Il recasting di Capheus funziona fino ad un certo punto, ma è difficile capire quanto l'abitudine abbia giocato.

  • In un episodio diretto da James McTeigue arriva un riferimento a V per vendetta con la maschera di Guy Fawkes.

  • Visivamente dovremmo esserci abituati ai giochi sullo sdoppiamento dei personaggi, e invece è sempre un piacere. La scena al ristorante in particolare si basa su intuizioni piuttosto semplici ma di grande impatto emotivo.

  • Così come sono sempre interessanti gli stacchi nei dialoghi tra location lontanissime.

  • "Tutti i confini sono convenzioni, in attesa di essere superate; si può superare qualunque convenzione, solo se prima si può concepire di poterlo fare. (...) La mia vita si estende ben oltre i limiti di me stesso".

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