Sempre più bello, la recensione

Arrivato al terzo film la serie chiude confermandosi cinema queer a tutti gli effetti, che racconta e mette in scena modelli e stili alternativi

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Sempre più bello, al cinema il 31 gennaio, 1 e 2 febbraio

Una specie di strana famiglia morbosa” viene detto in Sempre più bello a un certo punto, per descrivere il rapporto che (fin dal primo film) esiste tra i tre personaggi principali, che vivono insieme e sembrano non avere altre famiglie. Scopriamo in questo epilogo invece che la protagonista un parente superstite ce l’ha, una nonna (con cammeo illustre), ma ha scelto di non frequentarla e sta invece con la “famiglia morbosa” che qui per un breve periodo, in un film in cui si avvicendano tantissime situazioni senza particolari archi narrativi, si arricchisce di un neonato per qualche giorno. Le famiglie di Sempre più bello non sono mai quelle che ci aspettiamo, non rispondono a quelle canoniche, né rispettano i soliti ruoli. Addirittura anche una famiglia più tradizionale a un certo punto stupirà il pubblico proprio perché non risponde a quello che la stessa figlia si aspetta.

Il terzo episodio segue direttamente il secondo come un unico film reiterando come lo spunto di amore&malattia mortale che aveva iniziato la trilogia sia diventato marginale per fare posto ad altri corpi da cinema queer, corale e pieno di colori. Cinema di ruoli non convenzionali e continui scambi (si rivolta lo sfigato del film precedente e quasi prende il posto della influencer sua fidanzata) e gli unici che sognano stabilità sentimentale sono i personaggi apertamente omosessuali. Gli approcci non convenzionali sono al centro di tutto, approcci alle persone, alla vita e ai modelli di riferimento. Che non è poco per una serie di film per ragazzi, che sfrutta (quando gli fa comodo) la cornice del melò da ospedale.

Certo, è impossibile non notare che in tre film gli attori principali non sono migliorati per niente sul fronte della recitazione, nel migliore dei casi “spontanea” e mai interpretazione di un personaggio, né in tre film è stato possibile trovare una maniera di montare decentemente le musiche, né ancora i film si sono strutturati. Perché se è vero che ci sono trilogie molto coerenti e ci sono trilogie che invece tra il primo e l’ultimo film cambiano tono, generi e obiettivi, è anche vero che troppe cose sono affidate “ai sentimenti”, come la conversione finale di un personaggio descritto come riottoso e spigoloso, che arriva perché sì, nel nome dell’amore.

Tuttavia questo franchise per ragazzi partito con una ragazza alla ricerca di un ragazzo più bello di lei, proseguito raccontando corpi non convenzionali e finito con famiglie non convenzionali, personaggi queer, storie omosessuali e modelli alternativi è se non altro qualcosa di vitale e difficile da classificare.

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