See: la recensione dei primi cinque episodi

See è un racconto post-apocalittico visivamente affascinante che vede Jason Momoa protagonista in un mondo primitivo popolato di non vedenti

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See
A metà strada tra la Cecità di Saramago e il post-apocalittico videoludico di Horizon Zero Dawn si colloca See, forse il titolo più strano nel giovanissimo e vario catalogo di Apple TV+. Creata da Steven Knight (Peaky Blinders), dotato di una mente che è stata già in passato fucina di idee assai interessanti, la serie spiega - nelle scritte introduttive - l'ambientazione, secoli dopo che un virus nel 21 ° secolo ha decimato la popolazione umana del pianeta, lasciando due milioni di sopravvissuti incapaci di vedere. All'inizio della storia, l'umanità si è divisa in tribù e l'idea stessa della vista è considerata eresia passabile di rogo, poiché alla base - secondo il credo imperante - dei disastri ecologici che hanno preceduto questa nuova età della pietra.

Protagonista di See è Baba Voss (Jason Momoa), un guerriero dal cuore d'oro in fuga da un passato cupo e misterioso. Alla ricerca di quiete familiare, sposa la bella Maghra (Hera Hilmar), una donna che è recentemente arrivata alla tribù incinta del figlio di un altro uomo: trattasi del famigerato Jerlamarel (Joshua Henry), perseguitato con l'accusa di stregoneria a causa di voci che lo vorrebbero dotato del "dono della luce". L'ostetrica Paris (Alfre Woodard) sospetta rapidamente che il nascituro possa avere poteri simili; nascono due gemelli, che Maghra e Baba Voss crescono amorevolmente fino all'amara scoperta: come il loro padre naturale, anche i due bambini possono vedere.

Sulle tracce di Jerlamarel fino agli angoli più remoti della terra c'è Tamacti Jun (Christian Camargo), un esattore delle tasse e cacciatore di streghe inviato per conto dell'algida e spiritata regina Kane (Sylvia Hoeks), sovrana di un clan tecnologicamente più avanzato di quello capeggiato da Baba Voss. La monarca, che crede di poter comunicare con Dio attraverso la masturbazione rituale, è determinata a catturare Jerlamarel per motivi che si scoprono non essere quelli ufficialmente dichiarati; venuta a conoscenza dell'esistenza di una prole probabilmente dotata di vista, estende il raggio della sua persecuzione anche ai due piccoli.

È necessaria una certa sospensione dell'incredulità per poter mandar giù l'affascinante ma non sempre plausibile setting di See; ci sono molti combattimenti spettacolari con la spada in cui i combattenti si spostano in un punto preciso senza alcuna spiegazione di come sappiano dove colpire, o ancora meglio di come distinguano un avversario da un alleato. Il premio per passar sopra a questi dettagli è senz'altro cospicuo e visivamente potente, con Momoa che mette in scena tutta la perizia conseguita grazie a un allenamento con un maestro di combattimento non vedente.

A cinque episodi dall'esordio, dopo alcuni colpi di scena fin troppo intuibili, restano ancora dei dubbi rilevanti su perché l'umanità sia tecnologicamente regredita così tanto. L'equazione generale sembra mettere la disabilità sullo stesso piano dell'incapacità, sebbene l'impressione sia lontana anni luce dalle reali intenzioni dei produttori -che hanno assunto membri del cast e della troupe ciechi o ipovedenti; attendiamo quindi delucidazioni più specifiche su come, esattamente, questa società abbia finito per vivere come 2000 anni nel passato anziché 200 anni nel futuro.

In ogni caso, la presenza di bottigliette di plastica - e, più avanti, di ammassi di rifiuti - lancia un messaggio ecologico non troppo sottile, e più di una volta la riconquista della cultura antica da parte dei due gemelli sembra portare più danni che vantaggi; soprattutto è la giovane Haniwa (Nesta Cooper) a incarnare le insidie di una fame di conoscenza non filtrata dalla maturità. Sia lei che il fratello Kofun (Archie Madekwe) vedono ma, come sottolineato dall'Ombra Bow Lion (Yadira Guevara-Prip), non osservano, e cadono preda fin troppo spesso di una superbia derivata dal loro status di privilegiati; status che la madre rimarca giustamente essere del tutto casuale e non frutto di una conquista meritocratica.

Tra gli elementi più interessanti di See c'è il contrasto dolente tra un'umanità privata della vista e la bellezza mozzafiato degli scenari naturali che si susseguono sullo schermo: foreste lussureggianti, montagne, pianure e cascate, mostrate con la fredda lucidità di chi non può permettersi alcun cedimento lirico, in presenza di un gruppo di personaggi principali quasi tutti non vedenti. Questo, assieme alle solide performance del cast, costituisce il vero punto di forza dei primi cinque episodi di See, che si chiudono su un cliffhanger i cui indizi erano stati già sapientemente seminati; cliffhanger che promette di dare un colpo di timone decisivo a una vicenda che, purtroppo, ha finora visto qualche momento di fiacca, solo in parte riscattato dalla bravura degli interpreti - su tutti Momoa, Hilmar e l'inquietantissima Hoeks.

Al di là di qualche ingenuità di scrittura legate a un setting certamente difficile da gestire, See - recentemente rinnovata per una seconda stagione - è magnetica e coinvolgente, e promette in queste prime puntate un'epopea ricca di stimoli estetici e tematici, costellata di scene di battaglia impressionanti e ambientata in un futuro distopico splendidamente reso, con ambizioni visivamente spettacolari che nulla hanno da invidiare rispetto a quanto proposto dal cinema. In questo senso, vale davvero la pena continuare il nostro viaggio al fianco di Baba Voss e della sua bizzarra famiglia.

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