Sea Fever, la recensione | Trieste Science+Fiction Festival 2019

La nostra recensione di Sea Fever, film presentato al Trieste Science+Fiction Festival 2019

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La regista Neasa Hardiman (Jessica Jones) si mette alla prova con Sea Fever: un thriller con una leggera vena horror ambientato in mare e che intreccia scienza ed elementi sovrannaturali per proporre un racconto che mantiene comunque un legame con i problemi della società contemporanea.

Siobhán, interpretata da Hermione Corfield, è una studentessa di biologia marina che riceve il compito di trascorrere una settimana a bordo di un vecchio peschereccio per realizzare delle foto e verificare eventuali mutazioni nella fauna marina. L'equipaggio, guidato dalla coppia composta da Freya e Gerard (Connie Nielsen e Dougray Scott), la accoglie con un misto di simpatia e superstizione a causa della sua capigliatura rossa, considerata possibile causa di sfortune. La ragazza, particolarmente introversa e totalmente immersa nei suoi studi, fatica ad ambientarsi a bordo ma, quando la nave si imbatte in una strana creatura e iniziano a verificarsi degli eventi drammatici, le sue conoscenze e la sua estrema razionalità si rivelano molto utili.

Il film, presentato in anteprima europea al Trieste Science+Fiction Festival 2019, punta sulla tensione psicologica per mantenere viva l'attenzione degli spettatori, mettendo in secondo piano la spettacolarità che spesso ha contraddistinto progetti della trama simile. La sceneggiatura, scritta dalla regista Neasa Hardiman, propone più di uno spunto di riflessione tramite un continuo gioco di contrasti: tra la razionalità di Siobhán che arriva a livelli quasi estremi di fronte ai pericoli mortali che la riguardano da vicino e l'istinto di sopravvivenza degli altri membri dell'equipaggio, tra l'ammirazione per la bellezza delle creature marine e la necessità di sfruttarle per i propri scopi economici e tra la capacità di accettare il diverso e sacrificarsi per il prossimo e il legame quasi esclusivo che si ha con le persone amate.

Non tutto in Sea Fever funziona però come dovrebbe e proprio questa scelta di muoversi tra spunti e generi diversi non aiuta a suscitare le emozioni e l'adrenalina utili a mantenere alta l'attenzione. Gli aspetti scientifici, seppur plausibili e sicuramente frutto di ricerche specifiche, a lungo andare rendono difficile provare empatia per una protagonista il cui eroismo non lascia il segno, mentre gli altri personaggi sono delineati troppo a grandi linee per interessarsi realmente alla loro sorte.

Visivamente il lungometraggio regala più di un momento molto ben costruito e le interpretazioni di due attori esperti come Connie Nielsen e Dougray Scott sono comunque di buon livello, considerando il materiale non troppo brillante a propria disposizione. Hermione Corfield, nonostante la freddezza che contraddistingue il suo personaggio, risulta inoltre come un nome da tenere sicuramente d'occhio in futuro, dimostrando un talento ancora grezzo.

Le buone potenzialità alla base di Sea Fever non vengono tuttavia sfruttate nel migliore dei modi e i riferimenti a situazioni sociali come immigrazione e reduci di guerra, attraverso le numerose metafore dell'entità che si introduce dall'esterno e distrugge l'equilibrio esistente ma non solo, non vengono contestualizzate a dovere, risultando così solo politically correct senza però una vera ragione di essere presenti nel film.

La cura con cui è stato girato il film e la scelta piuttosto originale di dare grandissimo spazio all'approccio scientifico rendono comunque il lungometraggio apprezzabile.

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