Scordato, la recensione

Al terzo film Rocco Papaleo gira la storia di un bilancio di una vita intera e con Scordato unisce ambizione artistica a esiti infelici

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione del terzo film da regista e interprete di Rocco Papaleo, Scordato, in sala dal 13 aprile

Poco più di dieci anni fa, in un’annata particolarmente buona per il cinema italiano, l’exploit di Basilicata Coast to Coast aveva illuso che Rocco Papaleo potesse essere un autore in grado di rinnovare la commedia italiana. Il film successivo avrebbe smentito questa idea nella maniera più flagrante, quello ancora dopo pure e ora Scordato ci mette una pietra sopra. Ma anche all’epoca di Basilicata Coast to Coast non era difficile vedere in quel tipo di film più che un esordio nuovo, la riproposizione di meccanismi che in Italia hanno spesso delle fiammate di successo: storie di personaggi che fanno qualcosa controcorrente, in piccolo invece che in grande, rallentato invece che frenetico, resistendo sia alla modernità che all’omologazione, tutto con il mantello della riconquista di una dignità perduta in una dimensione iperlocale.

La trama di Scordato, per quanto tremendamente ombelicale, sarebbe pure interessante ma è il modo in cui viene raccontata che rende impossibile leggerci qualcosa di altro o almeno qualcosa di appassionato che non sia un vago senso di rimpianto. È la storia di un uomo (Rocco Papaleo) che per un problema di postura e schiena viene spinto a tornare al suo paese (Lauria, effettivamente il paese in cui è nato Papaleo) e a confrontarsi con il sé del passato, risolvendo dei nodi mai affrontati e quindi ritrovando, forse, un equilibrio nel presente.

Il filtro dovrebbe essere quello della commedia (più o meno) ma anche quando vuole far sorridere Scordato non ci riesce. Meglio semmai quando rimesta nell’autocommiserazione con un filo di pietismo, anche se pure quel tono è più che altro ripetuto a oltranza senza subire evoluzioni. Non c’è molto altro infatti nel film e i pochi momenti che potrebbero essere buoni non sono sostenuti. Anche quando Scordato vuole per un attimo diventare folle, in una conversazione a tre che include un personaggio che non esiste, non fa che mostrare di non aver delle basi solide. Sarà più evidente che mai nel grande confronto finale, una scena molto sentita priva tuttavia di un’impalcatura che la regga. L’apice emotivo non ha dietro di sé un film che lo possa elevare e gli possa dare un senso, o anche solo un’altezza emotiva sul quale ergersi. Addirittura arriva dopo una grottesca scena blandamente umoristica a proposito di Matera capitale europea della cultura. Non proprio una costruzione adeguata per un momento importante.

Sia chiaro però, Papaleo non è il primo né sarà l'ultimo a fare un film di questo tipo, e non è che gli altri che hanno tentato dei bilanci attraverso i propri film tra memoria e presente invece brillino per capacità di prendere fatti o questioni particolari e trovarci qualcosa che tocchi tutti. Certo però in Scordato è fatale il contrasto tra la grandezza che hanno questo tipo di film (proprio per la loro natura e ambizione di includere dentro di sé una vita intera e tirarne le somme) e le dimensioni artistiche estremamente ridotte. Una scena finale che vorrebbe unire passato e presente attraverso una carrellata di personaggi e un cambio di color correction (dopo che per tutto il film abbiamo visto il presente desaturato e il passato invece molto saturo), che arriva dopo un film poco più che mediocre, fa veramente specie.

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