Scary Stories to Tell in the Dark, la recensione | Roma 2019
Piccolo, godibile ma mai davvero compiuto Scary Storie To Tell In The Dark è un divertimento che funziona come porta d'ingresso all'horror
SCARY STORIES TO TELL IN THE DARK, DI ANDRÈ ØVREDAL, AL CINEMA DAL 24 OTTOBRE: LA RECENSIONE
C’è un pizzico di IT, un po’ di Piccoli Brividi e un meccanismo da Final Destination al centro di Scary Stories to Tell in the Dark, teen horror che porta la firma di Guillermo Del Toro al soggetto e quindi quella sua vera voglia di divertirsi con la paura, i mostri, le storie in cui l’etica e la morale degli individui sono giudicate, messe alla prova, assolte o punite da forze ultraterrene.
La mitologia dell’occultismo che si cela nella casa diroccata, nella cittadina di provincia e nei pettegolezzi dotati di un fondo di verità è qui utilizzata come porta d’ingresso all’horror per un film che sembra un’educazione al genere per ragazzi digiuni di materiale più duro ma vogliosi di fantasie escapiste condite di emozioni forti. La rabbia giovane sublimata in urle e fughe, in confronti con mostri giganti che inseguono, acchiappano e trascinano. Tutto buono ma non buonissimo, perché l’ora e quarantotto minuti del film sembra troppo lunga e dopo poco già affiora un po’ di fatica nel portare avanti l’intreccio.
Aspirante in un mondo molto più grande di sé questo film è un divertimento innocente ben condotto che non ha mai la forza di essere un film davvero solido.
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