Scappo a Casa, la recensione

Razzista in Italia, migrante all'estero, il protagonista di Scappo a Casa passerà da benestante a perseguitato da un mondo anch'esso razzista ma contro di lui

Critico e giornalista cinematografico


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Sì, c’è un viaggio anche in questa commedia. È un viaggio che parte dall’Ungheria e finirà in Italia operato da un ex razzista che, perso tutto quel che ha in Ungheria per una serie di equivoci, è costretto a viaggiare come un migrante assieme ad un gruppo di africani e subire le loro vicissitudini, praticamente Contromano, il film di e con Antonio Albanese, con l’Italia al posto dell’Africa. Il tono anche non sarà troppo diverso, a metà tra la commedia con battutacce e l’inspirational in stile Aldo, Giovanni e Giacomo (frasi sul senso della vita, ampi momenti di stasi, grandi sogni da realizzare in piccole vite...).

Aldo, che del trio è sempre stato l’Harpo (non muto ma urlante) quello a cui spetta l’umorismo fisico, in questo film soffre moltissimo la mancanza degli altri due o di qualcuno che bilanci le sue gag. La trasformazione da un polo di un trio bilanciato a capocomico in grado di reggere un intero film non funziona benissimo. A fianco della storia molto edificante di un’amicizia interraziale, di un viaggio di purificazione attraverso Ungheria, Croazia, Slovenia e via dicendo cercando di trovare l’Italia ma dichiarando di cercare la Tunisia (la gag è che Aldo non si dichiara mai italiano ma sempre tunisino e non è un problema per nessuno), non c’è molto altro.

Scappo a Casa sa molto bene dove stare schierato e riduce a zero il rischio di essere frainteso, urlando la sua denuncia invece di metterla in controluce. L’umanità che i protagonisti incontrano nel loro viaggio è fatta di poliziotti razzisti, fanatici militari razzisti, bianchi da macchietta (razzisti) che, nonostante siano stranieri, ripetono i mantra del razzismo all’italiana. Il messaggio è sempre verso casa, l’obiettivo è sempre la politica interna, la paura è sempre che non sia chiaro anche all’ultimo degli spettatori come è schierato il film. La fiducia in chi guarda (o nell’idea che forse voglia vedere qualcosa di più sottile) è praticamente zero.
Non mancherà la parte musicale, un montaggio su musica edificante ed ottimista tempestato di immagini anche al ralenti. Impossibile non chiedersi chi ne senta il bisogno in un film simile, chi sia felice nel vederla.

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