La recensione di Saw X, il decimo film della serie di L'enigmista dal 25 ottobre in sala
Se si esclude il primo capitolo la serie
Saw ha sempre giocato con l’idea di stare nemmeno troppo segretamente dalla parte dell’Enigmista, l’ideatore delle torture alla base delle trame. Il film originale, concepito da due future promesse della tensione e dell’horror (
James Wan e
Leigh Whannell), era in realtà un film con finale a sorpresa, con scarsa enfasi sulla colpa e molta sull’incastro e l’identità insospettabile dell’assassino (tutto veniva da un cortometraggio dello stesso
Wan). Da lì in poi e con fare crescente ogni nuovo capitolo della saga ha calcato la mano sul fatto che John Kramer, l’Enigmista, sia in una maniera sempre meno perversa il buono della saga. L’omicida che concepisce metodi di tortura terribili, rapisce le vittime e le sottopone alla sua idea di giustizia è quello con cui sempre di più ci dobbiamo immedesimare.
Saw X è l’apice (per il momento, ma mai direi mai) di questo processo, perché John Kramer, sempre interpretato da Tobin Bell, è in campo dall’inizio alla fine, è il soggetto che seguiamo, è il punto di vista sul mondo che adottiamo. Non solo. È una vittima. È malato di cancro (il film si svolge tra il primo e il secondo capitolo della saga) e cercando una cura che non c’è finisce in mano a dei truffatori che lo raggirano, lo illudono, lo deludono e lo derubano. Di fatto firmando una condanna a morte. Saranno rapiti e torturati, con la pia illusione di essere più furbi dell’Enigmista. Tutto il piacere di questa saga sarà qui sublimato, ed è quello di vedere trionfare John Kramer, che a differenza dei killer o dei mostri di qualsiasi slasher è qui arrivato all’immacolato status di protagonista classico, il buono.
Kramer punisce i crimini morali, oltre a quelli effettivi, arriva dove la legge non può e colpisce anche quello che la legge non riesce ad arginare. Per questo è irricevibile se messo nel ruolo di protagonista positivo con cui immedesimarsi. E anche guardando al film dal punto di vista più tecnico come sempre l’idea di renderci partecipi del processo (o almeno di parte del processo) di ideazione e progettazione rende il protagonista ai nostri occhi fallibile. Se sappiamo cosa sta facendo possiamo pensare che quella cosa magari non andrà a buon fine ed essere in tensione per l’esito. Il film nella sua ultima parte è proprio giocato su questo. Di nuovo un ribaltamento di quello che era l’Enigmista, cioè una figura più astratta, che non si sa dove sia, non si sa chi sia, nemmeno prende parte agli eventi ma li condiziona. Era il male che aleggiava, ora è un vecchietto furbetto. Quello era un personaggio originale, questa è una variazione su una figura ordinaria come sì trova ovunque.
Per il resto Saw X mostra il consueto armamentario di trovate “creative” per punire le persone, ha il grado corretto di violenza, il sangue giusto e anche tutto un momento quasi ribalta i ruoli, cioè la maniera banale di proporre una trovata originale. È il consueto film in cui qualcuno aveva previsto tutto, fin dall’inizio, fino all’inverosimile, ma se i precedenti capitoli della serie avevano tentato con emuli, con spin-off e con l’eredità dell’Enigmista, di portare avanti la saga, questo che ripropone proprio quel personaggio è il più fiacco.