Sasha e il Grande Nord, la recensione

Con vera passione per l'avventura, idee grafiche e di character design non banali, Sasha e il Grande Nord è un grande esempio di animazione francese

Critico e giornalista cinematografico


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Nel piattissimo panorama dell’animazione francese, troppo spesso indecisa se essere un prodotto per adulti (di cui riesce quasi sempre a non avere la profondità, la serietà o la durezza) o per bambini (di cui gli manca la profonda spinta commerciale, il piacere, il ritmo e il saper intercettare il gusto per le grandi storie) Sasha e il Grande Nord è una fantastica eccezione.

Lungometraggio animato in digitale con piglio grafico e uno stile di colorazione e di animazione che sembra quasi ricordare i primi esperimenti videoludici di rotoscoping, questo questo esordio come regista di Remi Chaye è una storia di grande avventura alla ricerca di un padre che tutti credono perduto, tutti tranne Sasha, che dal suo palazzo russo, lussuoso ma anche spietato, scappa per imbarcarsi su una nave e scoprire la vita dura. La cosa bella è che Sasha è più dura della vita dura, tiene testa a tutti e ha un asso nella manica, lei davvero sa dove è finita la nave di suo padre, in quale punto dei ghiacci. La cosa ancora più bella però sono le avventure, l’azione, la durezza dell’equipaggio, la serietà dei personaggi, la coerenza in come è portato avanti l’intreccio.

Senza cedere necessariamente al buonismo o alla facile scelta di scimmiottare i perfetti modelli americani, questo film francese mantiene una grandissima personalità, non lavora sui valori familiari come ci arrivano dall’America ma sceglie una via molto complicata: è ambiguo come una storia per bambini nipponica, raffinato come romanzo europeo. Soprattutto non è sciatto nel gusto come spesso capitava ma davvero bello da vedere, gustoso nel tratto e ricercato nell’animazione dei volti. Addirittura anche il character design sembra una punta più audace dei soliti personaggi dai tratti quieti e ripetitivi.

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