Santa Evita, la recensione

Santa Evita mette in scena, non senza qualche lungaggine, l'avventurosa storia di un idolo popolare canonizzato dall'ammirazione del popolo

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La nostra recensione della miniserie Santa Evita, disponibile su Disney+

Qualcuno dice che la morte sia solo l'inizio di una nuova vita; guardando Santa Evita, in un certo senso, troviamo una peculiare conferma - al di fuori di qualsiasi metafisica - di questa teoria. La miniserie di Star (prodotta, tra gli altri, da Salma Hayek) prende il via dal momento della morte della celeberrima Eva Peron (Natalia Oreiro), first lady già immortalata dal musical di Tim Rice e Andrew Lloyd Webber. A distanza di settant'anni dalla dipartita di Eva, detta Evita, la serie - da vedere rigorosamente in lingua originale, per salvaguardare le orecchie dal sanguinamento - ripercorre le rocambolesche vicende legate alla salma della donna.

Risparmiate i sorrisi sardonici; sebbene trapassata nel '52, Evita è più viva che mai. Basti pensare al fatto che il libro di Martínez da cui è tratta la serie sia il romanzo più tradotto della storia letteraria argentina. La prematura morte per cancro non ha quindi arrestato la fama di Evita, contribuendo anzi a consacrarne il mito circonfuso di un'aura prettamente mistica. Santa Evita non tradisce questa visione; la patina agiografica che la permea è infatti in linea con la volontà di restituire, allo spettatore, un senso di fascinazione quasi religiosa nei confronti della figura della first lady, pur mostrata - nei fin troppo frequenti flashback - nella sua complessa, chiaroscurata complessità.

Una Storia da brivido

A livello stilistico, Santa Evita rifulge di una bellezza nostalgica che fa diretto riferimento alla cinematografia classica. Negli stralci analessici incentrati su Eva e Peron, c'è tutta l'enfasi un po' mielosa della grande filmografia sentimentale anni '50; in definitiva, agli occhi del mondo la storia dei due doveva sembrare in tutto e per tutto simile a quelle portate sullo schermo dai vari Leo McCarey e William Wyler. Il tono narrativo cambia rapidamente, però, quando si passa a raccontare l'odissea della salma di Evita; replicata, trafugata, smarrita, scambiata, oggetto di morbosa attenzione da parte degli stessi militari che, in vita, avevano detestato la moglie del loro sgradito presidente.

Un'atmosfera hitchcockiana prende il sopravvento, veicolata da una colonna sonora fortemente evocativa. Il brivido avvolge la Storia con la S maiuscola che Santa Evita si propone di raccontare, e avvince lo spettatore con gli stratagemmi di un noir d'autore. Non si risparmia, è vero, qualche lungaggine dovuta al formato seriale (in effetti, come tanti altri prodotti episodici, Santa Evita avrebbe potuto essere un gran film). Da questo punto di vista, la serie pare voler mettere alla prova lo spettatore, testandone l'effettivo interesse per la vicenda che sta venendo raccontata; un test severo, supportato però da una narrazione solida, da una messinscena sontuosa e da una pregevole prova corale da parte di tutto il cast.

Trattato sulla mistificazione

Va detto che, per chi sia in cerca di una ricostruzione capillare e strettamente storiografica, Santa Evita rischia di lasciare delusi. Numerose sono le licenze storiche che la serie si concede, non solo per inseguire la sopracitata cinematograficità, ma anche per sostenere l'essenza stessa del racconto; si tratta, infatti, di una storia per gran parte incentrata sulla menzogna, sul sotterfugio e, non ultima, sulla falsificazione. In quest'ottica, Santa Evita fa combaciare alla perfezione la sua forma con la sua sostanza: la mistificazione regna sovrana.

È un regno tanto affascinante quanto ingannevole, in cui la ricerca della verità da parte del giornalista Vazquez (Diego Velázquez) diviene quasi paradossale. Ma cos'è mai la verità dinnanzi al potere universale del romanzo? Questo è forse il messaggio più sottile ma importante veicolato dalla serie: il popolo si nutre di fiabe ed elegge i propri idoli ammantandoli, vivi o morti che siano, di una patina di immacolata perfezione. Ogni paese ha bisogno dei propri santi; l'Argentina trovò il proprio in una giovane donna di umili origini, assurta ai vertici dello Stato e stroncata da un'infame malattia. Poco importa se l'Evita canonizzata dal cuore del popolo argentino è pura contraffazione; purtroppo per la verità, non c'è nulla di più forte di una leggenda ben confezionata.

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