[San Sebastián] Le Belve, la recensione

Visto al San Sebastián Film Festival, Le Belve è uno dei film peggiori di Oliver Stone, con un grande cast sostanzialmente sprecato...

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L’anno scorso si sarebbe detto che il 2012 sarebbe stato l’anno di Taylor Kitsch, l’attore lanciato dalla serie tv Friday Night Lights che sarebbe stato al centro di tre film più che mai attesi: il fantascientifico John Carter, l'alien-movie Battleship e il nuovo lavoro di Oliver Stone, per l’appunto Savages - Le Belve. Ora che abbiamo visto tutti e tre i film, per quanto sia brutto dirlo, viene da pensare che Kitsch non sia proprio fortunato nelle scelte lavorative. Se John Carter e Battleship non sono stati (ed è un eufemismo) due successi commerciali (e, nel caso di Battleship, neanche di qualità), Le Belve è prima di tutto un brutto film, “noiosamente” brutto, e le due ore e dieci di durata non migliorano le cose.

Sono anni che Oliver Stone non conferma la propria fama di grande maestro, ma stavolta si è toccato davvero il fondo. La sua trasposizione su grande schermo dell’omonimo romanzo di Don Winslow (in Italia pubblicato dall’Einaudi lo scorso anno con il titolo di Le Belve) è un tale concentrato di banalità, scene falsamente truci e hard boiled, retorica di sinistra, finto sesso e battute infelici, che davvero ci si dispiace per lui. La sua regia è un insieme di trovate pop e pulp di terz’ordine, roba che nemmeno il peggiore dei videoclippari amante di Tarantino avrebbe il coraggio di mettere tutte assieme. E poi c’è la sceneggiatura, ovvero uno script che fa acqua da tutte le parti, storia di un improbabile coppia di soci di un’impresa di produzione di marijuana costretta a entrare in uno spietato giro di trafficanti di droga dopo che l’amante di tutti e due è stata presa in ostaggio. Va bene il tono volutamente sopra le righe, ma a Stone manca completamente la capacità di avvicinarsi al giusto registro con cui raccontare un canovaccio così assurdo, e l’esito è una serie di personaggi non credibili e non simpatici (quello della Hayek soprattutto) dei quali non si capiscono le reali motivazioni (e quindi non si riesce a seguire la storia) e addirittura, colpa delle colpe, uno stupidissimo falso finale: centimetri di pellicola sprecati per raccontare una parte di vicenda sostanzialmente inutile.

E dire che il cast era di tutto rispetto: oltre al già citato e sfortunato Kitsch, ci sono Aaron Johnson, Benicio Del Toro, John Travolta, Blake Lively, Emile Hirsch (giusto un cammeo per lui) e Salma Hayek. E se l'attrice messicana è stata probabilmente costretta per contratto a mostrare all’inizio di ogni scena in cui compare prima il proprio seno e poi il proprio viso, Del Toro sembra fare la parodia messicana di John Turturro in Lei mi odia quando Turturro fa a sua volta parodizza Il Padrino: roba da galera. Poco meglio va con Travolta, che ci mette tutto il suo mestiere quelle poche volte che appare sullo schermo. Sarebbe servito ben altro per salvare questa pellicola che si candida, con grandi possibilità di vittoria, a diventare uno dei peggiori "grandi film" dell’anno. L’unico dato positivo è che dopo un lavoro del genere Stone non potrà che fare qualcosa di migliore.

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