Salary Man Escape, quando tornare a casa dall’ufficio è un enigma da risolvere in VR – Recensione

Un puzzle game pazzo e a tratti geniale: la recensione di Salary Man Escape

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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Sviluppare puzzle game in VR, lo aveva già dimostrato il bellissimo Statik circa un anno fa, può essere ben più che un semplice vezzo, un capriccio, un orpello utile ad inseguire una delle tante mode del momento. La realtà virtuale, anche in questo genere di giochi, può realmente rappresentare un valore aggiunto, un elemento fondante del gameplay che, oltre a regalare un senso di immersione senza paragoni, dona carattere ed infonde un gusto atipico all’intera esperienza.

La proposta di Red Acent Studios, va messo nero su bianco sin da subito, non raggiunge la stessa raffinatezza del collega citato poco sopra, ma ci si avvicina tremendamente, affidandosi ad uno stile particolarissimo, indagando con ironia e tragicomicità un tema tutt’altro che allegro.

[caption id="attachment_187479" align="aligncenter" width="1000"]Salary Man Escape screenshot Raccogliendo monete e caffè potrete affrontare livelli facoltativi.[/caption]

Come suggerisce il titolo stesso, il gioco è ambientato all’interno di giganteschi palazzi pieni di uffici, in cui lavorano, curvi sulle loro schiene, plotoni di impiegati che conducono vite grigie, la cui unica gioia è rappresentata dal momento in cui possono finalmente imboccare l’uscita e godere di qualche ora di libertà, prima di tornare, nuovamente, a svolgere ripetitivamente i compiti assegnatigli."Sembra di leggere la sceneggiatura di un film di Fantozzi, il paragone è in parte azzeccato, ma stilisticamente vale la pena accostare Salary Man Escape a Catherine"

Sembra di leggere la sceneggiatura di un film di Fantozzi, il paragone è in parte azzeccato, ma stilisticamente vale la pena accostare Salary Man Escape a Catherine, il bellissimo titolo di Atlus pubblicato una generazione di console addietro. Non avrete a che fare con ambientazioni sature di colori, ma le musiche pop e funk, unitamente al gameplay che caratterizza ogni livello, ricorda da vicino le atmosfere respirate vestendo i panni del povero (?) Vincent Brooks.

Ogni schema è ambientato all’interno di gigantesche scrivanie dotate di tutti gli oggetti utili al lavoro di un impiegato modello. Tra display, telefoni, penne e quant’altro, il puzzle da risolvere si erge al centro dello scenario, sospeso a mezz’aria.

Il compito da svolgere è semplicissimo: creare un percorso sicuro e libero da ostacoli per l’avatar che deve assolutamente raggiungere l’uscita, entro lo scadere del tempo. La siluette con valigetta alla mano si muove automaticamente, mentre al videogiocatore spetta il compito di interagire con alcuni degli elementi che compongono il livello, segnalati dal colore rosso che svetta su tutto il resto dipinto di bianco, di nero, di grigio. Utilizzando il Move o il Dualshock 4 dovrete letteralmente puntare ai vari oggetti al fine di creare ponti, strade, strutture che permettano al nostro di guadagnare l’agognata libertà.

Il gameplay, attraverso i settanta livelli che compongono la campagna, evolve con una discreta progressione. Manca il colpo di genio, il puzzle che lascia a bocca aperta, ma ognuno a modo suo si presenta sufficientemente intricato da impegnare anche l’esperto del genere. Tra strutture da bilanciare, nemici da eludere, monete da raccogliere per sbloccare livelli bonus ed enigmi che coinvolgono più avatar, la struttura ludica viene riletta e reinventata di continuo, allontanando lo spettro della noia e della ripetitività.

Se si può muovere una critica a Salary Man Escape, questa va diretta al sistema di controllo, relativamente impreciso con entrambe le periferiche messe a disposizione. Il Dualshock 4 si comporta molto meglio del Move, ma in certi casi farete  non poca fatica a selezionare l’oggetto prescelto e a spostarlo con il giusto grado di accuratezza.

Interessantissimo l’art design. Laddove la colonna sonora infonde gioia, allegria e adrenalina, grazie a temi funk e pop piuttosto ispirati e ben arrangiati, graficamente regna il minimalismo, gli elementi monocromi che ben rappresentano e simboleggiano la ripetitività dei protagonisti tirati in ballo.

[caption id="attachment_187478" align="aligncenter" width="1000"]Salary Man Escape screenshot I personaggi con i caschi in stile Daft Punk sono guardiani che dovrete evitare per raggiungere l’uscita.[/caption]

Salary Man Escape è un divertente ed interessante puzzle game che tuttavia sfrutta la VR solo superficialmente. Il gameplay avrebbe funzionato benissimo anche con una fruizione più classica, ma va da sé che osservare un gigantesco ufficio che si estende intorno all’utente, o analizzare lo schema del puzzle di turno ruotandogli fisicamente intorno, sono azioni che hanno il loro indiscutibile fascino.

Al di là di questa piccola critica, siamo di fronte ad una produzione solida, ben sviluppata, impreziosita da una direzione artistica azzeccata e da un level design vario ed intrigante al punto giusto. Consigliato agli amanti del genere, nonostante non ci troviamo di fronte ad un titolo che farà storia.

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