Saint Seiya - I cavalieri dello zodiaco (prima stagione): la recensione
Saint Seiya è una nuova narrazione dell'opera di Kurumada: appena sei episodi che riassumono, con vari cambiamenti, le prime fasi della storia
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La storia è talmente nota che non vale la pena ripeterla nel dettaglio, ma qui un piccolo riassunto si impone a causa delle differenze. Seiya, da adolescente, sente risvegliare in sé un potere nascosto. Viene avvicinato quindi da Alman di Thule, che gli svela il mistero di Atena e dei suoi cavalieri. Come nella storia classica, ad Alman è stata affidata da Micene la piccola Isabel (Saori), reincarnazione di Atena. Tuttavia, qui insieme a lui c'era il suo socio Vander Guraad. In questa nuova versione esiste una profezia che grava sulla dea, secondo la quale nella prossima Guerra Sacra contro Ade (ma viene citato anche Poseidone), verrà sconfitta. Il Grande Tempio quindi trama contro di lei, non giudicandola all'altezza del compito, mentre Vander Guraad, rivoltatosi contro Alman, vorrebbe usare le armi contro le forze del male.
Il resto, appena sei episodi come detto, segue più o meno il canovaccio delle prime fasi della storia. C'è l'addestramento in Grecia, la Guerra Galattica, l'arrivo di Phoenix e dei Cavalieri Neri. Ma è tanto, troppo per appena sei puntate. La storia è affrettata e priva di respiro, i personaggi sono gettati nella mischia con velocità, i combattimenti sono rapidi e troppo puliti. L'armatura è un orpello senz'anima né concretezza, e poco importano i richiami al cosmo e al legame con la costellazione, se poi tutto questo non è percepito. Per qualche motivo non ci sono elmi, le armature sono intoccate dagli scontri, non hanno crepe, non soffrono come i cavalieri a cui appartengono.La stessa esecuzione dei colpi è banalizzata e frutto di un malinteso visivo. Da principio l'idea di far combattere i protagonisti contro aerei e carri armati è sbagliata e dissonante, ma è anche il modo in cui sono mostrati i colpi a non funzionare. Il Fulmine di Pegasus, ad esempio, diventa una smitragliata di fasci azzurri di cui possiamo vedere in tempo reale l'impatto sugli elicotteri. Tisifone non indossa la maschera, Cassios ha una svolta che ne banalizza il percorso, i flashback sugli addestramenti sono troppo rapidi, prosciugati di quella grande enfasi drammatica, forse eccessiva, ma così sincera, che era il perno dell'opera originale.
L'animazione va di pari passo, pulitissima, una tridimensionalità che non riesce ad essere "profonda", anche a causa di ambienti privi di identità. Su tutti lo scenario della Guerra Galattica, rimpiazzato da uno spoglio rifugio sotterraneo nel deserto sorvegliato da un "tombino parlante". Piccolo cenno all'adattamento italiano, che corregge i nomi dove questi di fatto mancavano nell'anime originale, mentre lascia invariato l'adattamento precedente: tornano quindi i nomi originali per Seiya e Shaun, Phoenix diventa Nero (non Ikki), Crystal, Tisifone e Isabel mantengono i loro nomi.