Saga vol. 2, la recensione

Fresco di tre Eisner Awards, riecco Saga, nel secondo volumetto edito da Bao

Caporedattore, ex grafico e illustratore, appassionato di tutto ciò che è narrazione per immagini.


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Il rilancio della Image passa attraverso l’attesissimo ritorno ai comics di Brian K. Vaughan. Creatore di classici moderni come Y: L’Ultimo Uomo, Ex Machina e del serial tv Under the Dome, Vaughan è certamente il nome che più di ogni altro si è imposto sulla scena fumettistica negli ultimi dieci anni. La sua verve, applicata a più di un genere, lo ha portato ad avere un grande seguito di appassionati che nelle sue opere ritrovano uno stile moderno e sofisticato, applicato a una solida narrazione.

Saga, creato con la talentuosa cartoonist canadese Fiona Staples, è solo l’ultima delle sue opere di successo e, fresca di tre Eisner Award (Miglior serie regolare, Miglior nuova serie, Miglior sceneggiatore), è da poco tornata nelle fumetterie italiche con il secondo volumetto edito da Bao. Con questi sei nuovi episodi si conferma come ciò che di meglio possa offrire il fumetto statunitense: personaggi vivi e tridimensionali, una trama intrigante, dialoghi sopraffini e situazioni incredibili.

Noi siamo piccoli, ma l’universo no.

Avevamo lasciato la neo-famiglia composta da Alana (nata sul pianeta Landfall), Marko (dal satellite Wreath) e la loro piccola Hazel davanti all’ennesimo imprevisto: la visita dei nonni, subito colpevoli di aver vaporizzato la tata fantasma, Izabel. In compagnia di questi ospiti inattesi, il viaggio a bordo dell’astronave-albero continuerà tra salti in dimensioni sconosciute, mostri giganti dall’aspetto ributtante e tanta azione mai banale. Una buona quantità di pagine è poi dedicata ai flashback che ci svelano finalmente com’è iniziata la storia d’amore di Marko e Alana e la conseguente fuga dalla guerra tra i loro popoli.

Ho sempre odiato le commedie romantiche.

In Saga ricorrono le atmosfere on the road, che caratterizzarono le vicende di Y: L’ultimo Uomo e Runaways, e la presenza di una coppia di personaggi il cui ruolo non si limita allo svisceramento dell’elemento romantico. Il sentimento dei due protagonisti infatti non sfocia mai nel mellifluo ma risulta anzi fresco e di rottura, soprattutto in un contesto come quello dei comic-books americani. Entrambi i personaggi, dopo solo una manciata di episodi, vivono ormai di luce propria: il loro è un matrimonio interraziale (spaziale) in cui non esistono disparità né un genere dominante; il sesso è rappresentato serenamente dagli autori che non lesinano dettagli espliciti, sempre nell’ottica di valorizzare la componente umana dei personaggi.

Bugia.

La grandezza di Vaughan sta nel non tralasciare alcun elemento di contorno. E così ci troviamo a parteggiare persino per gli inseguitori della famiglia, uno su tutti Il Volere, letale cacciatore di taglie dall’animo sensibile, accompagnato dal delizioso Gatto Bugia: un felino che non sa trattenere l’istinto di sottolineare ogni menzogna pronunciata in sua presenza. Vaughan ama da sempre caratterizzare i suoi personaggi con capacità dialettiche sovrannaturali, se vogliamo, delle varianti del verbo del reverendo Jesse Custer, protagonista di Preacher. L’autore è infatti un grande estimatore del capolavoro di Garth Ennis e Steve Dillon, come dimostrano i diversi riferimenti ad esso in tutte le sue opere. Gatto Bugia è un piccolo geniale esempio di questa tendenza dello scrittore di Cleveland, che rende la lettura di Saga ancora più divertente.

Le tavole di Fiona Staples, attraverso una sintesi basata sul digitale e un tratto ormai riconoscibile, rappresentano meravigliosamente le situazioni più intimiste come quelle prettamente sci-fi. Il talento di questa artista è definitivamente sbocciato grazie alle sceneggiature di Vaughan e siamo certi continuerà a stupirci per molto tempo ancora.


Saga 2 immagine

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