The Runaways - La recensione

Nascita, ascesa e crollo delle Runaways, primo gruppo rock tutto al femminile emerso negli anni settanta. Kristen Stewart e Dakota Fanning notevoli, ma una storia troppo scontata e didascalica per appassionare...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

Titolo The Runaways
RegiaFloria Sigismondi
Cast
Kristen Stewart, Dakota Fanning, Michael Shannon, Stella Maeve, Scout Taylor-Compton, Alia Shawkat, Riley Keough
uscita?La scheda del film

In un panorama di film indipendenti non certo esaltante, c'erano molte attese per The Runaways. Il materiale sulla carta sembrava fortissimo, con il primo gruppo tutto al femminile a diventare popolare, rappresentando qualcosa di più di una semplice band musicale. Inoltre, due delle giovani attrici (Kristen Stewart e Dakota Fanning) più interessanti in circolazione, assieme a un interprete (Michael Shannon) che si è fatto notare ottenendo una candidatura all'Oscar per Revolutionary Road.

Va detto che se avessi dovuto pronosticare quello che avrei visto nel film, non avrei sbagliato di molto rispetto ai risultati effettivi. In sintesi, un buon e promettente inizio, con alcuni momenti molto forti e interessanti. Due attrici che maturano film dopo film, dimostrando di avere un futuro promettente che le attende. Ma anche una storia prevedibile, scontata, stereotipata e soprattutto (forse l'unica sorpresa) sbagliata.

Procediamo con ordine. L'inizio è ottimo, per come ci mostra due protagoniste decisamente confuse e incerte nella loro vita, che potrebbero trovare la salvezza (o la definitiva condanna) solo nel rock n'roll. In pochi minuti, avvertiamo la voglia di indipendenza, di manifestare la propria femminilità e in generale di uscire dai normali binari di quello che la vita sembra avere in serbo per loro (poco, troppo poco), con un tono energico e malinconico

Kristen Stewart dimostra ancora una volta di essere una delle pochissime giovani attrici sulle quali valga la pena scommettere e forse l'unica (a parte Anna Kendrick) a poter uscire dall'enorme cono d'ombra rappresentato da Twilight senza grossi problemi. La sua Joan Jett esprime una sensibilità e una dolcezza che non sono facili da inserire nella stessa performance, risultando sempre credibili e profonde.

Ed è decisamente maturata anche Dakota Fanning, che dà vita a una figura complessa e contraddittoria. Ma proprio grazie alla sua prova si capisce che le attrici sono migliori del materiale a loro disposizione. L'errore sta infatti soprattutto nel voler puntare erroneamente i riflettori sul personaggio di Cherie Currie, a cui non ci si affeziona come forse vorrebbero i realizzatori. D'accordo, la pellicola è tratta dal suo libro, ma è evidente che la personalità (per non parlare della carriera successiva) di Joan Jett sono decisamente più interessanti.

Ci rimane così un film che presta troppa attenzione alla famiglia Currie (francamente, poco di stimolante e intrigante), ma che in particolare non sembra discostarsi dal classico clichè di pellicole analoghe, raccontando un percorso di rise and fall visto e stravisto, il tutto con la vaga sensazione di un certo moralismo (involontario) nella solita parabola di autodistruzione che sarà anche veritiera, ma che non funziona come dovrebbe.

Anche perché, se proprio si vuole giocare su un campo già battuto (nulla di male in questo), bisogna costruire meglio gli elementi che formano il film. Per esempio, non è possibile, in una pellicola interamente dedicata a un'unica band, che le altre componenti del gruppo rimangano così pesantemente sullo sfondo e praticamente non esistano. Così come il personaggio di Michael Shannon è troppo istrionico da un lato, troppo monodimensionale dall'altro (il fine giustifica i mezzi e in questo caso il fine è il successo, ma senza un minimo di raziocinio).

In questo, la regista Floria Sigismondi non sembra voler prendere una strada precisa neanche nello stile narrativo, che a tratti vorrebbe essere visionario (ma non ci riesce), in altri momenti ultrarealista. Ed è interessante notare come le due scene migliori (compresa l'offerta alla Currie di entrare nel gruppo) abbiano in sottofondo la musica degli Stooges, mentre per fornire energia a una sequenza si punta su Pretty Vacant dei Sex Pistols. Insomma, sembra quasi che la realizzatrice sia la prima a non credere troppo nel valore artistico delle Runaways. Così, impossibile chiedere al pubblico di farlo e di appassionarsi completamente a questa vicenda...

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