Run - Fuga d'amore: la recensione

Una fuga in treno in cui far emergere l'impasse della generazione over 30. Run viaggia spedita sui binari della romantic comedy per poi sbandare su quelli da commedia nera. La recensione

Condividi
La nostra recensione della serie Run - Fuga d'amore, dal 6 giugno su Sky

"Non hai la sensazione che stiamo scappando da qualcosa da cui non potremo mai scappare?", dice ad un certo punto Billy (Domhnall Gleeson) a Ruby (Merritt Wever), rendendo manifesto il cul de sac in cui entrambi si ritrovano. Lui life guru di successo, autore di best-seller motivazionali; lei architetto in carriera con marito e figli (ma entrambi nascondo dei segreti). Erano una coppia ai tempi del college, e da allora non si sono più rivisti, mantenendo però una promessa: se uno dei due manda all’altro un messaggio con scritto "Scappa" e riceve una risposta entro 24 ore, entrambi lasceranno quello che stanno facendo in quel momento per recarsi al Grand Central Terminal (stazione di Manhattan) e partire insieme su un treno e attraversare gli Stati Uniti. Questo accade, 17 anni dopo, all’inizio di Run – Fuga d’amore, comedy in 7 episodi creata da Vicky Jones, andata in onda su HBO nel 2020 e ora finalmente arrivata anche in Italia.

Run: l'impasse esistenziale degli over 30

La storia prevede dunque un lungo viaggio in treno i cui binari si spostano inevitabilmente verso i territori della Romantic Comedy, con cui la serie si diverte a giocare, inserendo, all’interno di una classica dinamica, un interessante tratteggio dei due protagonisti. Ritrovandosi dopo tanto tempo, Ruby e Billy devono fare i conti con due spinte contrapposte: da una parte, il desiderio di abbondare tutto e lasciarsi andare all’avventura; dall’altra il forte richiamo della vita che ora stanno vivendo. Per Ruby, Billy è l’emblema della fuga dalle gabbie che la vita coniugale sembra averla costretta, il ritorno ai piaceri che questa le ha precluso. Anche la sua controparte maschile, a prima vista più libera, rivelerà presto la sua incapacità di lasciarsi alle spalle quella che sembra essere stata la sua vera e unica fiamma, in un continuo tentativo di strapparle la fatidica confessione, ma dovrà fare i conti con i legami del suo presente. Tra battibecchi e sagaci scambi, i due personaggi si pongono così in un continuo concedersi e ritrarsi, tra l’attrazione e la repulsione.

In questo quadro, ciò che rende peculiare la serie è come questa fa emergere l’impasse dei protagonisti, in particolare quella femminile. Ruby si professa donna indipendente e intraprendente, snocciola continue dichiarazioni ad effetto, è sempre lei a tirare verso la "trasgressione" l’altro, che appare molto più inerte. Ma a ogni momento di euforia segue sempre automaticamente il rimpianto, il ricordo di cosa sta lasciando (in particolare i due figli piccoli) e il dubbio se sta facendo la scelta giusta. Così Run racconta l’ebrezza della fuga e la sua impossibilità, mettendo al centro la precarietà esistenziale degli over 30, quell’età di mezzo tra la giovinezza dei vent’anni e l’amara consapevolezza di essere ormai diventati pienamente adulti, in cui non si vuole ancora fare i conti con le problematicità che questo comporta, raccontando a sé stessi e agli altri un mare di bugie. Ruby e Billy giocano a fare i ragazzini, lanciandosi in drink game, cercano di dimostrare di essere ancora seducenti e attraenti, scontrandosi così con la realtà dei fatti.

La serie mette dunque in mostra un modo sincero e preciso di ritrarre "l’imperfezione" e i difetti umani, le situazioni più imbarazzanti in cui possono capitare i personaggi, la loro perenne awkwardness. Un approccio che richiama subito alla mente Phoebe Waller-Bridge, e a buon ragione: la creatrice della serie, Vicky Jones, è stretta collaboratrice dell’autrice di Fleabag, dirigendo la versione teatrale e lavorando nella writers’ room della serie BBC. Di Run, inoltre, Waller-Bridge è produttrice oltre che interprete in un ruolo minore ma gustosissimo.

Run: tra la Romantic e la Black comedy

Run è anche però un gioco meta cinematografico che propone diverse citazioni e riferimenti spesso in modo esplicito. La dinamica dell’incontro sul treno, come in Prima dell’alba (se lì ad incontrarsi e a innamorarsi a prima vista erano due perfetti sconosciuti, qui invece si fa finta che 17 anni non siano mai passati, provando a ripartire da zero) e poi del suo seguito Prima del tramonto, nel darsi la deadline di una giornata e di una visita a una città (qui Chicago) per capire se continuare insieme. Nella seconda parte, poi, la serie vira verso la commedia nera, in territori hitchcockiani, come quel Delitto per Delitto - L'altro uomo subito citato dai protagonisti, tra intrighi, borse piene di soldi e addirittura omicidi, in cui i protagonisti si ritrovano sempre in difficoltà. Qui la storia si incarta un po’ perché alcuni personaggi, purché riusciti (la donna nevrotica, il poliziotto incapace) non sono in fondo così originali, e la parodia del poliziesco non è certo una novità. Dopo essere andata a tutta velocità, la prima stagione approda bruscamente in una conclusione che pare definitiva. Come potrebbero continuare le vicende, però, non lo potremo mai sapere: la serie è stata cancellata dopo una sola stagione. Ma al termine del viaggio scendiamo comunque soddisfatti.

Continua a leggere su BadTaste