Run Hide Fight, la recensione | Venezia 77
Run Hide Fight è una condanna troppo sbrigativa e schiamazzata di diverse faccende, abbozzate superficialmente senza essere mai prese sul serio
Zoe è all’ultimo anno di liceo e non vede l’ora di andarsene da casa. Ma la morte della madre e la pressante presenza del padre ex-militare che la istruisce all’uso delle armi la trattengono nel suo mondo emotivo presente. Solo l’amicizia speciale con Lewis (Olly Sholotan) sembra regalarle un po’ di sollievo, ma il tutto è destinato a essere sconvolto quando una mattina dei compagni di scuola decidono di attuare il più grande school shooting di sempre. Zoe è però “pronta alla guerra”, e indossata la giacca da soldato del padre si auto affida la missione di salvare i suoi compagni: ovviamente con quella modestia naturale che solo gli eroi possono avere.
Tutto è palesemente messo lì apposta, indicato a gran voce, e non c’è sequenza action che tenga se a rovinarla sono le facilonerie. Ma la cosa allora più grave (perché solo questo Rankin sembra affermare in modo deciso) è il dichiarare esplicitamente, dopo due ore di ragazzi massacrati e terrorizzati, che in fondo le armi sono necessarie, e va bene usarle: basta che sia per la giusta causa…